POLENTA E CRAUTI MUST INVERNALE IN TAVOLA

Con gli ultimi freddi si esaurisce la scorta di cavoli dell’orto. Raccogliendo le ultime teste di cavolo, l’occasione è portare in tavola uno dei must della tradizione trentina, la polenta e crauti.

Si tratta di piatti poveri della tradizione, ma la polenta e crauti è diventata oggi una prelibatezza tutta da gustare per ritrovare i sapori di una volta. Un mangiar sano, vicino ai frutti della natura che non richiedono grandi lavorazioni o processi industriali.

Ogni zona e valle trentina è custode di qualche piccola variazione sul tema. Tuttavia in linea di massima si può trovare il giusto equilibrio fra le diverse scuole di pensiero.

Ma dove e come nasce il Sauerkraut, o crauti alla trentina? Per ripercorrere la storia di questo prodotto, si deve davvero fare un lungo viaggio nella storia. E, come spesso accade, la ricetta base nasce da una fatalità ed un insieme casuale di concause.

Per chi si fosse fatto l’idea che l’invenzione del Sauerkraut, o dei crauti, sia tedesca ed europea, dovrà mettersi l’animo in pace. Narrano infatti le cronache che il cavolo fermentato, elemento base della ricetta della polento e crauti, sia involontariamente stato inventato in Cina. Era il III secolo avanti Cristo e la Grande Muraglia era in piena costruzione. Tuttavia vi fu un inverno talmente rigido che gli operai tornarono a casa abbandonando tutto, compreso alcuni viveri.

Fu così che tornando dopo alcuni mesi, scoprirono sotto la neve i loro cavoli che avevano fermentato. Utilizzarono da allora questo metodo di conservazione e trovarono delle ricette con cui valorizzare questa verdura. Da lì il prodotto venne introdotto in Europa attraverso le invasioni barbariche, Unni e Mongoli assieme al terrore e distruzione, portavano anche il cavolo fermentato in barili di legno.

Il cavolo era conosciuto in Europa anche in epoca Romana e prima ancora. Tuttavia l’arte di mettere il cavolo in salamoia fu una scoperta tedesca del XVI secolo. Di qui il nome crauti, del cavolo che assumeva quel sapore acidulo grazie a tale procedimento.

Una curiosità circa tale prodotto è quella che lo vede assurgere a simbolo di prattiotismo il portarlo in tavola e consumarlo in Alsazia. Essendosi affermato come piatto infatti, divenne un simbolo di resistenza francese all’invasione prussiana del 1800.

Più o meno acidognolo, con o senza cumino, i crauti, abbinati alla polenta, sono oggi uno dei tipici alimenti trentini. Immancabile nei rifugi, magari accompagnati ad uno spezzatino o a funghi trifolati oppure ancora alla luganega rostida o il formaggio fuso.

RICETTA

Per avere sempre una scorta di Crauti in casa il procedimento in se è semplice. Ovviamente si potrà scegliere di usufruire delle tante offerte di Crauti già pronti all’uso, ossia già fermentati e più o meno insaporiti. Da cui poi seguire solo l’ultimazione della cottura.

Tuttavia perchè non partire dalla materia prima?. Magari colta direttamente dall’orto di casa o acquistata dal contadino, in un mercato contadino.

PREPARAZIONE DEI CRAUTI

Basterà affettare a listarelle sottilissime il cavolo cappuccio e sottoporlo a fermentazione lattica. Si tratta di una fermentazione naturale attraverso l’aggiunta di sale da cucina.

Partendo dal cavolo lo si taglierà a metà per togliere le parti dure, torsolo e foglie esterne. Si procede con l’affettatura. A questo punto si dovrà pesare il sale marino da aggiungere. Per un kg di cavolo ci vorranno 25 grammi di sale, di qui le eventuali proporzioni da calcolare sulla quantità di cavolo a disposizione.

Le listarelle di cavolo andranno mescolate al sale. Più è accurato il procedimento, più sarà efficace la fermentazione. Quindi si lascerà il tutto a riposo per circa un’ora. In questo lasso di tempo il cavolo avrà rilasciato il liquido di vegetazione.

In un contenitore di terracotta andranno creati degli strati uniformi di cavolo a cui andrà aggiunto ad ogni strato qualche bacca di ginepro, delle foglie di alloro, semi di cumino. Terminata la messa a riposo del cavolo, si coprirà il tutto con il liquido di vegetazione che sarà stato conservato.

Tutto il prodotto dovrà essere immerso nel liquido. Qualora non fosse così, si dovrà aggiungere una salamoia con 20 grammi di sale da mescolare al liquido e con cui ricorpire il tutto. A questo punto si dovrà realizzare una copertura con cui mantenere il tutto immerso, magari aiutandosi con un peso. Quindi il contenitore andrà sigillato con carta da forno ben bene chiusa con dello spago. A questo punto il contenitore dovrà essere messo a riposo per un mese in luogo fresco e buio.

Passato un mese circa i crauti saranno pronti. Si potranno quindi cucinare oppure andranno conservati in frigo, massimo una settimana, oppure sterilizzati in vasi di vetro e conservati a lungo, fino ad un anno.

DALLA PADELLA IN TAVOLA

Ed ora invece ecco una ricetta con cui consumare questo contorno gustoso.

Per i Crauti alla Trentina occorrono circa 400 grammi di crauti

due cipolle

brodo

semi di cumino

burro, speck un circa 150 grammi

sale e pepe.

In un tegame si dovranno far appassire nel burro le cipolle affettate. Quindi si aggiungerà la pancetta affumicata o speck, a dadini. Dopo che si sarò fatto soffriggere il tutto andranno aggiunti i crauti. A questo punto basterà regolare di sale e pepe, aggiungere i semi di cumino, e lasciar cuocere per un 30/40 minuti a fuoco lento aggiungendo il brodo caldo a dovere.

I crauti si esaltano accanto alla polenta, ma anche wurstel, spezzatino, funghi o formaggio.

Chiunque può scegliere il suo abbinamento preferito o aaportare variazioni alla ricetta base, regolando di cumino o acidità. La proposta vegetariana consiste nel togliere lo speck. Il sapore sarà meno aggressivo, ma ugualmente piacevole. Chi invece non ama eccessivamente il sapore di acidità, potrà apportare una variazione alla ricetta magari sciaquando i crauti prima di cucinarli. Aggiungere aceto di mele, un goccio, aumenta invece l’acidità al piatto.

 

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