MANIFEST IN ATTESA DELLA STAGIONE 4

Balzata in poco tempo nella top 10 dei più visti su Netflix, alla sua pubblicazione, Manifest ha annunciato la Stagione 4. Noi abbiamo visto per voi Manifest in attesa dell’uscita della stagione 4.

Ideata da Jeff Rake, la serie televisiva statunitense, dopo la cancellazione da parte della rete NBC, è stata comprata da Netflix. E il network ha rilasciato in blocco le tre stagioni dando il via alla lavorazione stagione conclusiva.

E proprio Robert Zemeckis, sì quello di Ritorno al Futuro, è stato ascoltato nel suo sfogo. Il produttore infatti lamentava di dover dare conclusione ai tanti scenari aperti. In un primo tempo infatti la NBC aveva firmato per 6 stagioni. Questo spiega perchè la trama, si percepisce, è presa alla larga. Poi però la NBC ha cancellato tutto a quota 3 stagioni. Qui è subentrato Netflix che ha firmato per una stagione conclusiva e ha pubblicato nel frattempo le prime tre stagioni.

In poche parole: Manifest racconta la storia di un aereo con i suoi 191 passeggeri che parte dalla Jamaica alla volta di New York. Fin qui nulla di particolare, se non per il piccolo fattore per cui il volo atterriain ritardo. Il chè sarebbe accettabile, se non fosse che questo ritardo è di 5 anni e mezzo.

Questa la premessa.

Di qui si dipana la matassa che vede i passeggeri del volo 828 cercare di riappropriarsi delle proprie vite. Per loro infatti il tempo non è passato e non hanno alcun ricordo se non quello di aver volato attraverso una tempesta particolarmente turbolenta. Per il resto del mondo, invece, i 5 anni e mezzo sono trascorsi. Parenti e affetti sono andati avanti, chi si è rifatto una vita, chi è morto e così via.

Non solo: per tutte le puntate i passeggeri devono dribblare Pentagono e Servizi Segreti che vogliono capire con chi o con cosa hanno a che fare.

Attenzione Spoiler!

Nella prima stagione abbiamo ovviamente il guado fra buoni, i passeggeri, vittime dello strano fenomeno, e i cattivi, ossia il Governo che segretamente vuole studiarli, anche in modo brutale e illegale. Nel mezzo la parte di Servizi Segreti umana che si prende a cuore la questione e cerca di fare la cosa giusta.

Ma ben presto si capisce che i passeggeri sono tornati con degli effetti collaterali. Hanno delle doti particolari che chiameranno “Chiamate”. Sentono voci, hanno visioni, insomma quello che potremmo definire fenomeni extrasensoriali. Le chiamate ovviamente si intrecciano con le storie personali dei passeggeri.

Filo conduttore la famiglia Stone. Il capostipite Ben Stone che si elegge per chiamata a protettore del gruppo e colui chevuole capire cosa sia davvero successo.

Interpretato da Josh Dallas, Ben Stone ricorda in continuazione il Principe Azzurro di Biancaneve di Once Upon a Time. Ogni due per tre ci si aspetta che con la moglie Grace faccia il verso alla frase “Noi ci ritroveremo sempre”. La frase era ripetuta all’infinito con la sua Biancaneve stagione dopo stagione tanto che ispirò una infinità di meme.

Non solo. Tutta la storia ruota attorno alla famiglia Stone, anche per via di Cal, il figlio di Ben. Al suo ritorno Cal è un bimbo, ma ritrova la sorella gemella adolescente. Cal verrà salvato dal cancro grazie alla cura miracolosa sviluppata nei 5 anni in cui è stato via. Inoltre Cal è il più connesso con le chiamate.

Vabbè un intreccio di storie che vedranno anche apparire nuovi resuscitati, legati sempre a queste strane tempeste.

Questo permette di scoprire che i ritornati hanno una scadenza. Il tempo di vita è pari a quello della loro scomparsa. Inoltre si scoprirà anche che la data di morte può essere sconfitta attraverso redenzione.

Inoltre, e qui forse è il momento più interessante, ma al contempo più confuso, questo fenomeno si apprebde è descritto da un capitano di nave di millenni prima. Tempi biblici egizi, con tanto di pergamene e diari che appaiono per aggrovigliare ancor di più la questione.

Se la Stagione 2, in realtà, è quella meno interessante, in cui tutta la vicenda scade un po’ nella soap opera, con intrecci amorosi e scaramucce, la Stagione 3 invece ritorna sul pezzo. Si approfondisce il tema di bene e male. Si getta lì un legame con i simboli biblici e la fine dei tempi. Inoltre ci si interroga sul confine fra scienza e fede, umano e soprannaturale.

Quanto la vita è frutto di destino e predestinazione o libero arbitrio? In un certo senso è un po’ la domanda che ripercorre tutto Manifest. I personaggi sono combattuti fra il seguire i suggerimenti, le Chiamate, e la loro indole fra paure, egoismo, arrivismo, egocentrismo, manipolazione, aggressività, negazione.

Attorno il mondo si divide fra chi vuole eleggere i passeggeri a nuovi miracoli e messia o chi li teme e li vuole discriminare o peggio eliminare. E ovviamente non manca chi li vuole studiare. E qui si apre tutto un capitolo sulla mancanza di etica della scienza quando perde di vista l’umanità o ha scopi bellici o di profitto.

Manifest in attesa della stagione 4 è stata paragonata a Lost. In realtà ricorda di più una serie di qualche decennio fa FlashForward dello scrittore canadese Robert J Sawyer. Geniale idea accattivante, che però rimane senza finale, poiché la serie venne cancellata dopo solo una prima stagione.

La somiglianza è con le ipotesi sui viaggi nel tempo, universi paralleli, destino e libero arbitrio, precognizione, società segrete che attraverso tecnologie sfidano le leggi fisiche e giocano a fare Dio e chi più ne ha più ne metta.

Altro riferimento che si può cogliere è quello con un altro telefilm da vedere. La serie di e con Kiefer Sutherand, Touch. Nelle due stagioni in Touch si seguono le vicende di Martin Bohm alias Sutherland. Un ex giornalista che dopo la morte della moglie negli attacchi terroristici dell’11 settembre, si trova a dover seguire il figlio con problemi autistici.

Il bambino comunica attraverso e con i numeri e porterà il padre a dipanare matasse, a volte inspiegabili ma dai risvolti imprevedibili. Fra studi di Kabala ebraica e rabbini che aiuteranno a capire i fili con cui ogni cosa e ogni azione è interconnessa, si gioca sempre nella lotta fra bene e male. Scienza che aiuta ma anche disumana che vuole solo acquisire potere e fare profitto. Fede positiva che vuole il bene e fede che diventa fanatismo e vuole distruggere. Infine le interconnessioni che in ogni puntata rendono evidente che un gesto compiuto in un posto del mondo potrebbe avere ripercussioni di cui non si è consapevoli magari dall’altra parte del mondo.

Pure in Manifest una delle frasi ricorrenti recita “E’ tutto collegato”. Manifest in attesa della stagione 4 è una serie da vedere con la concessione di scene dolciastre o parentesi che servono più che altro per allungare il brodo o creare contesto. Ovviamente con tanta carne messa al fuoco ci si aspetta ora che la conclusione sia all’altezza delle aspettative.

Piacerebbe scoprire cosa sia successo in quella tempesta e quali viaggi spazio temporali materializzeranno o faranno sparire ancora personaggi. Augurandoci ovviamente che non si dilunghi eccessivamente sulle vicende personali fra melodrammi, romanticherie e scene strappalacrime che lasciano il tempo che trovano ammazzando pathos e tensione oltre che ritmo. E pazienza per qualche licenza di fantasia come improbabili fughe con reperti governativi, distruzione di manifatti archeologici vaticani o l’intrufolarsi in luoghi top secret con forcina e tacchi sfuggendo alla massima sicurezza del Pentagono e così via.

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