CENERENTOLA UNA STORIA ITALIANA ANNI 60
Può capitare una sera d’inverno di andare al Teatro Sartori di Ala e incontrare una Cenerentola in chiave anni 60.
Cenerentola una storia italiana nella rilettura di di Compagnia Fabula Saltica infatti danza sul palco un omaggio agli anni 60 prendendo a prestito la fiaba di Cenerentola. Complici poi le musiche di Gioacchino Rossini lo spettacolo scalda la platea, che con il loro crescendo rossiniano ad ogni pausa chiama l’applauso del pubblico.
E’ sempre bello respirare l’entusiasmo e quella strana atmosfera del teatro, quando si riempie in attesa che si apra il sipario. Così come ha un sapore di complicità, per il momento condiviso, lo sguardo e il sorriso che indugia quando le luci si riaccendono. Un pensiero sospeso che si adagia nell’emozione vissuta. E che infine si perde stringendosi nei cappotti per il freddo pungente della notte che fa accellerare il passo al rientro a casa.
Nel mentre, sul palco l’arte ha preso vita e creato forma. Così i Fabula Saltica un sabato di dicembre ad Ala hanno presentato la “loro” Cenerentola in uno spettacolo che alla danza ha intessuto una vocazione anche alla teatralità. Quasi risultava piccolo il palco di Teatro G Sartori di Ala, nel contenere la forza corporale delle coreografie corali, così possenti ed esplosive per fisicità. Ma è per certi versi proprio la cifra stilistica della longeva Compagnia Veneta. Ossia quella di dialogare fra vari linguaggi e sperimentare al di là della danza. Non necessariamente corpi filiformi o punte, sono l’anima di una Compagnia che esprime una vocazione a sperimentare e guardare all’interdisciplinarietà.
Ed ecco quindi che ogni fase della fiaba si trasforma in un quadro che rievocando gli anni 60, riportano a galla ricordi indelebili per i nostalgici. Dal televisore con il tubo catodico, rigorosamente guardato in compagnia su sedie, alla carta da parati geometrica con colori pastello, che ci fanno pensare alla Pop Art. Eppure il gusto vintage ha significato profondo solo se lo hai vissuto. Sul palco vive quel primo approccio con la tecnologia e quindi il televisore, ma anche il telefono, con quel gioco di eco di “Pronto!” che si rincorre da un lato all’altro del palco. Un telefono con filo e rotella, simbolo di modernità e benessere al tempo. Di plasticona e colorato come si usava allora.
E poi il mitico Piper Club, la famosa discoteca di Roma,cuore del beat italiano, tempio della gioventù Ye Ye. Gli abiti di minigonne rigorosamenti bianchi con righe nere che coesistono con i vestiti sgargianti e colorati con gonne a campana retaggio della moda rock and roll.
Momento nostalgia, per chi c’era, rivedere le immagini sullo sfondo del Carosello. Rito quotidiano di ogni famiglia che annunciava la fine di ogni giornata. La regola per i bambini era “Finito Carosello, si va a nanna!”. Così, rigorosamente in bianco e nero, sfilano i suoi personaggi, dalla Carmencita e Caballero a Calimero all’uomo La linea o l’uomo bialetti. Prime star quando ancora la tv muoveva i primi passi.
Cenerentola una storia italiana danza quindi l’Italia che fu, quella dove si guardava al futuro con grandi sogni ed aspettative. Dove impegno e ideali avevano corpo e anima, dove si stava costruendo un’idea. E lo fa attraverso coreografie d’effetto, giochi di intrecci in cui anche un impermeabile può diventare corpo danzante, momenti di assolo e cambi di scena compresi che si cuciono sul palco tra un quadro e l’altro.
Al corpo di ballo poi si aggiunge un ulteriore protagonista: la musica di Gioacchino Rossini. Non a caso sono proprio le musiche di Rossini la colonna sonora dell’Opera La Cenerentola Opera di inizi 1800 scritta da Rossini su libretto di Jacopo Ferretti, dove però il sottotilo recita La Cenerentola, ossia la bontà in trionfo. Non certo la giovane donna con lo sguardo rivolto alle grandi rivoluzioni sociali in atto degli anni 60.
La colonna sonora fa solo citazioni all’Opera La Cenerentola mentre mescola estratti briosi a brani più romantici di molte opere di Rossini fra cui Il Barbiere di Siviglia, L’Italiana in Algeri, Il Turco in Italia ed infine appunto Cenerentola. Su quest’ultima la nostra protagonista trova il suo finale. Non necessariamente un epilogo romantico, più una rivincita in chiave moderna. Insomma il coreografo Claudio Ronda investe Cenerentola di un cipiglio moderno. Quello in cui la donna si emancipa dal suo passato e guarda verso il proprio futuro con ardore. Interpretando l’anima degli anni 60.
C’è un po’ di tutto in Cenerentola una storia italiana quindi. C’è la favola di Grimm, c’è Rossini e il suo omaggio in musica, c’è la lotta dei diritti degli anni 60, c’è anche uno sguardo moderno. E poi c’è la danza, quella che ti arriva dal palco con tutta la sua fisicità, la forza e possenza dei corpi.
SOTTOPALCO
#VISTOPERVOI
Voto 8 Bella ambientazione. Buona performance. Gioco facile le musiche immortali di Rossini. Interessante regia e idea.