YAKAMOZ S-245, IL SEQUEL CI SARA’?

Da poco pubblicata su Netflix, complice la pioggia di questi giorni, la serie Yakamoz S-245 si lascia guardare tutta d’un fiato. Sette puntate che filano via una dietro l’altra per chi ama il genere disaster movie.

Gli ingredienti ci sono tutti. L’eroe bello, impavido, disinteressato e tenebroso solitario che però cela un cuore caldo pronto a sciogliersi alla prima occasione. I cattivi che a volte diventano buoni e altre tornano cattivi. I buoni che a volte sono cattivi e altre rimangono buoni.

Immancabile ovviamente l’intreccio con il mistero e l’intrigo e ovviamente qualche inseguimento e scazzottata che non guastano mai.

Yakamoz S-245 è una serie turca che però ha ritmo, confezione e tutti i crismi che strizzano l’occhio al cinema d’azione occidentale. Pur mantenendo ovviamente, qua e là sprazzi di cultura tipicamente propria.

La vicenda ruota attorno al protagonista, l’eroe senza macchia, il giovane biologo marino, tutto muscoli e cervello, coraggio e valori che, a malincuore, si trova coinvolto in un’avventura che si trasforma in una lotta per la sopravvivenza.

Ma Yakamoz S-245, il sequel ci sarà? E’ la domanda che ci si fa quando puntata dopo puntata si arriva al dunque. Non solo perché – Attenzione Spoiler!!! – man mano muoiono molti protagonisti, pure chiave della narrazione. Ma a metà ci si accorge che la serie turca si sta intrecciando con un’altra serie disaster movie, la serie belga Into The Night.

Le due serie infatti ruotano attorno ad un pericolo che sta uccidendo l’umanità tutta e sta decretando la fine della vita sulla terra. Se in Into The Night quello che si viene a capire è che il sole uccide le persone, ma pure gli animali e anche il cibo tutto perché gli toglie valore nutrizionale. In Yakamoz S-245 si fa un passo avanti.

Si scopre infatti che il sole ha invertito i poli magnetici e ciò ha causato una espulsione tale di energia che colpisce la terra con i suoi raggi uccidendo tutto e tutti.

Orbene. Se nella serie belga i protagonisti si salvano volando nella notte per evitare i raggi del sole e infine trovano rifugio in un bunker sotterraneo speciale. Ben due stagioni fra atterraggi e decolli, personaggi che muoiono e che si aggiungono. Corsa all’ultimo respiro nel bunker scoperto grazie a contatti radio e incursioni in uffici governativi speciali.

Nel sequel turco invece i superstiti si salvano perché chiusi in sottomarini negli abissi del mare.

Ebbene questi film insegnano alcune cose. Nemmeno i caveau blindati sotterranei delle banche potranno salvare da un disastro solare. Mai ripristinare la luce elettrica totale quando ci sono squadre di salvataggio in giro. E’ da evitare tradire i propri compagni in un sottomarino, perché anche le paratie hanno orecchie. Mai scendere in una miniera al messaggio di rifugio sicuro.

Quando una tempesta geotermica magnetica colpisce la terra e uccide ogni forma vivente se sei in un film i telefoni satellitari funzionano, pure i computer dei servizi segreti e anche i motori dei mezzi meccanici. Ma solo se sei in un film, altrimenti potrebbe non essere così.

Inoltre nel film si evince come l’umanità, anche di fronte ad un cataclisma che ha spazzato via tutta la vita, non rinuncia alle peggiori pulsioni e continua ad uccidere e cercare di fregare l’altro. Insomma alla fine l’uomo da sempre il peggio di sé. Ma forse è solo un film e nella realtà potremmo stupire e fare di meglio. Forse.

Per assurdo il libro da cui è ispirata la serie invece pone, in un mondo totalmente digitalizzato, dove la vita è solo cibernetica e digitale, una serie di domande e riflessioni etiche e morali. Fra cui quella più importante, ossia cosa significa essere umani?.

Tale domanda invece è il nucleo di molti film e serie sci fi, in cui robot o macchine si confrontano con l’essere umano e vorrebbero essere tali, domandandosi cosa sia a rendere degni di assurgere al rango di umanità.

Una riflessione molto autoreferenziale da umani. D’altronde è l’uomo a fare i film, scrivere i libri e farsi certe domande.

Per cui di Yakamoz S-245, il sequel ci sarà?. Visto che nell’ultima puntata ci si ritrova all’unisono ospiti pure della puntata conclusiva della seconda stagione di Into The Night, dipenderà, pare, dal gradimento di fan della piattaforma Netflix.

Attenzione Spoilerone!!!

Tuttavia vedere l’eroe, il protagonista, che cade a terra colpito da un proiettile apparentemente fatale, non presagisce nulla di buono. Sebbene si scopre che la sua salvezza sia stata dettata dall’intervento del padre multimiliardario che si trova non si sa bene dove in una serra dove con droni sta rigenerando flora e fauna per un nuovo Eden.

Quindi è tutto da vedere cosa succederà in Norvegia, o meglio nelle Svalbard alla banca dei semi della Rockfeller F., nel proseguo dei due telefilm che ivi convergono con tutti i protagonisti superstiti e dove stanno pure sopraggiungendo i membri di un sommergibile russo.

Chissà.

A quanto pare, ad ogni modo, c’è molto materiale a cui attingere nel libro da cui è tratto Into The Night. Sembra infatti che le prime due stagioni siano solo ispirate al suo primo capitolo. Si tratta del romanzo post apocalittico The Old Axolotl del polacco Jacek Dukaj.

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