THE SILENT SEA VISTO PER VOI

Uscito su Netflix il 24 dicembre, The Silent Sea sta già facendo parlare di se.

La serie sudcoreana firmata alla regia da Coi Hang-yong, segue il successo della connazionale Squid Game.

Ambientato in un futuro distopico, così come Squid Game, non ne segue però i risvolti violenti e cruenti, ma affronta temi legati al cambiamento climatico, la sopravvivenza dell’umanità e l’uso di scoperte scientifiche ai confini con la realtà.

Noi lo abbiamo visto per voi.

La premessa:

Man mano che si susseguono le puntate e ci si abitua alla cifra stilistica del regista, quindi ritmi lenti, poca espressività, poche emozioni ed una trama, diciamocelo, molto patriottica quasi inverosimile. Si capisce che l’idea è buona, ma alla fine fa fatica a reggere. Per cui il consiglio è prenderlo come un film che viaggia di fantasia.

Punti forti.

 L’ipotesi su cui si basa la trama è che il cambiamento climatico abbia messo in ginocchio il mondo rendendo l’acqua un bene raro e prezioso. Mari, fiumi, laghi sono stati prosciugati e la terra è pressochè arida. La società vive quindi in un regime di controllo e contingentato, suddiviso in classi rigide. Ciascuna classe è contraddistinta da un badge che permette l’approvvigionamento di acqua nella quantità indicata dal badge. Insomma la famosa carta d’identità digitale a punti su stile cinese. Una elite governa il tutto e conduce ricerche segrete per far fronte al problema. E ovviamente da qui si dipana la trama in un clima di segreti, lotte intestine e azioni sopra le righe.

Punti deboli.

Se il pianeta è senza acqua, visto che le scene propongono addirittura l’oceano come una distesa di sabbia, come può sopravvivere la gente? Di cosa si nutre per esempio?. Il regista non lo spiega, anzi sorvola, ma invece mostra la soppressione di cani e gatti di casa con il divieto di possederne, proprio per non sprecare la preziosa acqua.

Il regista poi propone la Corea del Sud come leader non solo nella ricerca ma pure nei viaggi spaziali e quindi sorge la domanda, come potrebbe? E il resto del mondo?… Ma è un film e quindi sorvoliamo e ognuno metta a tacere il dubbio con la sua ipotesi preferita. Magari il resto del mondo si è estinto e quindi non è più in grado di essere competitivo…

Attenzione Spoiler

E qui parte tutta la storia che ruota attorno alla protagonista. Non che ci dispiaccia, ma la totale assenza di espressività annoia un pochino. Ma pure qui vogliamo credere che invece sia dovuta alla magistrale interpretazione richiesta dalla pellicola e non da quell’unica espressione impassibile che dall’inizio alla fine le vedremo in volto.

Orbene da un mondo senza acqua si parte alla volta della Luna. Mezzi tecnologici all’avanguardia che però non impediscono un atterraggio disastroso di emergenza con perdita del mezzo. L’arrivo alla base scientifica all’ultimo secondo. Una base che però è perfettamente intatta e funzionante, accogliente in un nanosecondo per permettere alla squadra di compiere la missione, ossia trovare un contenitore e riportarlo sulla terra. Impresa ardua visto che lo shuttle si è disintegrato. Ma è un film, quindi va bene così.

Nella base scopriamo subito che ci sono cadaveri ovunque. D’altronde la missione ha il compito di recuperare una preziosa capsula ma di fare attenzione alle radiazioni in quanto la base sarebbe stata chiusa per una fuoriuscita radioattiva. Quindi i cadaveri non sono una sorpresa.

Qui però si scopre che invece i corpi presentano segni di morte per annegamento. Come è possibile se nella base non c’è acqua?

L’arcano si svela quasi subito. E qui, prima si intuisce e poi si capisce proprio, che se anche solo una gocciolina di liquido dovesse arrivare a contatto con una persona, l’acqua si replica. Ciò non solo dall’interno fa annegare l’ospite ma finchè esso non muore crea ulteriore acqua. Un’acqua pura e limpida, come sulla terra non se ne vede da anni.

Di puntata in puntata si viene accompagnati per lungo e largo nella base che si snoda sul crepaccio che guarda su un profondissimo orrido. Ebbene da lì presumibilmente è stato raccolto qualcosa che appunto trasforma qualsiasi cosa vivente in acqua che replica se stessa.

La risposta perfetta al problema della terra. Fosse solo che appunto è mortale per questa sua peculiarità. Il troppo che stroppia, si potrebbe dire.

Ma qui c’è il colpo di scena. Ben due o tre.

Si scopre che nel gruppo di astronauti ci sono ben due sabotatori, con il compito di rubare il prezioso oggetto per non si capisce bene quale mercato nero in cui fare profitto. Il tutto in collegamento con un cellulare reperito fortuitamente attraverso cui si inviano sms alla terra. E pure qui ci si ripete: vabbè è un film.

Altro colpo di scena una bambina che si è adattata alla sopravvivenza nella base e che è compatibile con l’acqua tanto che bastano poche gocce per guarirla persino da spari quasi mortali. E di nuovo ci si dice: vabbè è un film, ci sta.

Ovviamente scatta la complicità fra la protagonista e la piccola, e qui si scopre che la protagonista ha un doppio motivo oltre a quello professionale per la missione, ossia ritrovare la sorella che ivi lavorava. Ma che si scopre? Che la sorella lavorava su esperimenti di ingegneria genetica così da rendere l’uomo compatibile con la risorsa.

A questo punto scatta l’azione. Si innesca una lotta dei componenti contro i mercenari. Si scopre, fra orrore e moto di morale, i tanti corpi di cloni nati dagli esperimenti così da arrivare alla superstite. Continui flashback con la terra e i vertici fa diventare ovvio che l’operazione partiva proprio dai vertici terrestri così come pure la strage di scienziati nel momento in cui forse c’era stata una fuoriuscita di acqua. In realtà va detto che non si capisce bene la motivazione dell’arrivo della task force che fa strage nella base.

Intanto il tempo stringe perché inizia a crearsi acqua in ogni dove nella base lunare a causa di alcune piante che vengono a contatto con residui di un contenitore. Fra l’allagamento che sta invadendo la base, i cattivi che morenti continuano a fare strage, la protagonista che si infetta e, quando pare sia spacciata, si salva in quanto si scopre che la ragazzina l’aveva resa immune attraverso una ferita fattale con un morso in fase di colluttazione iniziale, la serie volge al termine con un ulteriore colpo di scena.

La base viene distrutta dall’acqua che attraverso la pressione irrompe in ogni dove e a contatto con l’esterno si ghiaccia. Quindi, dopo una ultima scena strappalacrime fra la protagonista e il capomissione, all’ultimo minuto, si salvano in tre, ossia la protagonista, la ragazzina e la dottoressa.

E qui scatta il finale con cui si ripete: vabbè è un film. La ragazzina si toglie muta casco e corre sul suolo lunare senza alcuna protezione, pure scalza, come nulla fosse. Vabbè è un film. Dato per morto, sacrificatosi per salvare le tre, si ritrova pure il capo missione che però, più di là che di qua, è ancora vivo.

Ultima scena: si intuisce che avviene il rientro dei superstiti, quanti? Non si sa. Viaggiando verso la terra grazie ai potenti mezzi della Corea del Sud si porta a casa anche il prezioso liquido.

Ovviamente il resto del mondo nel frattempo non si accorge di nulla e non ha nessun mezzo per avviare altrettante ricerche o missioni. Ma, vabbè è un film.

Volendo tirare le somme:

In realtà la serie e le sue 8 puntate scivola via bene e la si guarda volentieri. Si presta a molti spunti di riflessione e inquadra il clima distopico che potrebbe attendere l’umanità. Ma pone il problema anche della pericolosa corsa alla ricerca scientifica che non si fa scrupolo, in nome di un bene superiore, nel creare e sopprimere vite, per esempio, oppure portare sulla terra un liquido instabile e potenzialmente devastante. Non viene però sufficientemente indagata la domanda sul destino della ragazzina, solo abbozzata nel dubbio della protagonista che teme gli esperimenti a cui potrebbe essere sottoposta per studiarla.

Ci sarà una seconda serie? Per ora non si sa. Però in realtà, benchè sia un film, siamo curiosi di sapere quale destino aspetta l’umanità, perché il bello di The Silent Sea è che lascia il finale aperto con uno scatto di genialità che non ti viene di immaginarti il dopo. Per cui, sì, ci auguriamo ci sarà una continuazione.

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