THE LAST KINGDOM LA RECENSIONE

Nella serie televisiva The Last Kingdom aleggiano in un buon equilibrio verità storiche, leggendarie epopee e voli di fantasia. In un remoto passato, quando si gettavano i primi semi di quella che oggi è l’Inghilterra, sotto il cielo uggioso si scontravano in epiche battaglie popoli così diversi eppure anche con molti punti in comune.

E ciò che emerge è che, nel passato così come nel presente, i meccanismi del potere sono sempre gli stessi, ciò che fa la differenza sono gli ideali e i grandi sogni.

Disponibile su Netflix, The Last Kingdom è la serie tratta dai romanzi di Bernard Cornwell Le storie dei re sassoni. Ed infatti, nelle 5 Stagioni, The Last Kingdom, segue lo srotolarsi di quella trama intessuta di ideali, dinastie, guerre, lotte di potere e battaglie che è stata la storia dell’Inghilterra fra l’800 e il 1.000 dopo Cristo. I Romani sono già spariti dalla scena della storia da tempo lasciando una terra che ne porta le eredità, ma che si scontra anche con il proprio passato e le incursioni di popoli che arrivano dal nord ma anche dal mare.

Alla lotta del cristianesimo che si vuole sostituire con conversioni più o meno forzate, e più o meno pacifiche, spesso imposto con la spada e l’annientamento totale del paganesimo, si affianca anche la brama di potere che più o meno pone in perenne bega i vari regni. A tutto ciò si sommano le orde di incursioni danesi, i Vichinghi per intenderci.

In questo scenario, The Last Kingdom e il suo sequel, ossia il film: Sette Re devono morire, segue le vicende dell’eroe senza macchia nè errore, Uhtred di Bebbanburg, anche Uhtred figlio di Uhtred , alias Uhtred figlio di Ragnar. Sì, perchè l’eroe un sassone figlio del signore del castello di Bebbanburg originariamente si chiamava Osbert, ma nelle prime scene viene battezzato velocemnte Uhtred quando prende il posto del fratello maggiore sconsiderato e morto nei primi dieci minuti della prima puntata. Così alla morte anche del padre e nell’assalto dei danesi al castello il bimbo viene fatto prigioniero e verrà allevato da Ragnar come fosse un figlio.

Ma per capirci qualcosa si dovrà contestualizzare. Punto di partenza è che i romanzi nascono dalla fantasia dell’autore suggestionato dalle gesta di Uhtred di Bebbanburg, personaggio storico realmente esistito, quando scopre di esserne un lontano discendente. Ecco perchè l’eroe di queste 5 Stagioni e film finale, è il classico buono, che anche quando compie atrocità, lo fa sempre a fin di bene. Un eroe che si pone molte domande, che ha alti e nobili principi, che vede sempre oltre le apparenze, che sopravvive a furiose battaglie e duelli, attentati e condanne, comprese un periodo di schiavitù legato ai mozzi in Islanda.

Insomma l’eroe che infiamma le truppe, pacifica le parti, trova mille soluzioni, perdona sempre, mantiene sempre la prola data. Ed ancora, il pluri vedovo che lascia dietro di se un imprecisato numero di grandi amori. Con questa fama, già la terza donna invaghita di Uhtred avrebbe dovuto pensarci due volte prima di caderci, invece no, immancabilmente lui semina cadaveri di compagne, che piange disperato. Ma chissà perchè poi si reinnamora sempre.

Quindi sassone e danese che convivono nell’uomo che è più veloce e affidabile di un corriere Amazon. Mentre gli altri galoppano da un capo all’altro dell’Inghilterra con eserciti o orde di guerrieri, lui, Uhtred, a volte pure a piedi, arriva sempre per primo e sbuca sempre nel posto giusto prima di tutti gli altri o addirittura in palazzi e regni da cui era stato bandito pena la morte ecc.

Mai riconosciuto nei suoi meriti, se non alla fine, ma proprio fine fine, l’eroe Uhtred, senza patria, senza popolo, sempre tormentato da questa doppia appartenenza ai sassoni e ai danesi, continua a stringere alleanze, una volta da una parte e una volta dall’altra, ma sempre, alla fine per risolvere il dilemma di turno. Ed è Uhtred che infine realizza il sogno di re Alfred di una Inghilterra unita.

Se in 5 Stagioni tutto viene condensato in una trentina di anni, su per giù, nella realtà le vicende narrate e i protagonisti citati coprono un paio di centinaia di anni. Eppure tutti i protagonisti principali sono personaggi storici veramente esistiti e di cui si hanno notizie certe, sia da parte sassone che da quella danese e vichinga. Davvero tanti i personaggi che non li si può citare tutti. Ciascuno però ben caratterizzato, alcuni statici e coerenti, altri invece mutevoli, chi perdendosi nel delirio dei propri demoni interiori, chi invece evolvendosi in positivo. A tutti ci si affeziona, anche ai cattivi, senza i quali non si potrebbe svilupare la trama. Il tutto giocato su un perfetto equilibrio che non scade mai nel grottesco o nella violenza gratuita, benchè di sangue ne scorra tanto. Ma senza mai esagerare.

Sostanzialmente siamo nel IX secolo dopo Cristo quando l’Inghilterra è divisa in 7 regni. E’ il Wessex il regno che è capace di opporsi alle scorribande delle incursioni da parte di gente vichinga delle terre anglosassoni che vengono saccheggiate, brutalmente vandalizzate e, in alcuni casi, abitate dai danesi. Da qui si stringono alleanze con le terre anglosassoni, fra rivalità e lotte di potere, tradimenti e fedeltà. Ovviamente sia in ambiente anglosassone che in quello danese vichingo.  Fino appunto ad un punto cruciale, che conclude anche la serie televisiva e il film, ossia la grande battaglia a ridosso di Bebbanburg , la battaglia di Brunanburh.

Fatto storicamente accertato come la battaglia più sanguinosa di Inghilterra. Sul campo di battaglia assieme ad un numero esorbitante di guerrieri, sia del fronte anglosassone che dell’alleanza danese scozzese, cadono anche 5 re, 7 conti norvegesi e 2 cugini di Atelstano, (il re anglosassone di Wessex e Mercia). Quest’ultimo è l’erede, ossia il nipote, di re Alfredo di cui compie il sogno, l’Unificazione dell’Inghilterra. Un sogno che tuttavia si frantumerà nuovamente alla sua morte.

E, pure in tale contesto è sempre Uhtred a fare discorsi political correct molto moderni, come il far notare che l’unificazione è delle genti che oramai vivono quelle terre anche se di origine danese. Si potrebbe dire: una prima infarinatura di globalismo e multiculturalità.

Insomma fra licenze poetiche e punti di vista variabili, pazienza se i paesaggi di The Last Kingdom non sono quelli inglesi ma le steppe ungheresi. Infatti le scene sono state girate in Ungheria, comprese le ricostruzioni architettoniche. L’ambientazione poi è di appeal, perchè tutto quell’ordine e quella pulizia sicuramente non faceva parte di epoche così buie e pericolose. Nello stesso tempo le fogge degli abiti sono davvero moderne in modo quasi esagerato, come la cura delle persone sempre con il capello perfetto e fresco di barbiere. E poi sempre lavati e profumati tutti.

Nell’insieme però The Last Kingdom ha un suo appeal capace di creare quella tensione che ti porta a spararti una puntata dopo l’altra, facendoti perdere la cognizione del tempo per sapere come va a finire. E, sebbena a volte perdi il filo dimenticando chi è chi, con tutti quei nomi e parentele o intrecci da ricordare, alla fine ti ci appassioni come un giallo avvincente o una spy story. Così facendo puoi anche non approfondire i fatti storici e seguire solo le vicende dei protagonisti. Oppure puoi scendere all’interno della trama e scoprire un periodo storico affascinante e spesso confuso, Ed ancora puoi approcciarti in modo meno favoleggiante, alla cultura nordica, aprezzando le tante facce di popoli che spesso prendiamo a tutto tondo senza lasciarci cogliere dalle tante sfumature.

In fin dei conti The Last Kingdom tradisce come nella Storia, fatta di tante storie, alla fine le dinamiche sono sempre le stesse e l’uomo di oggi si è solo un pochino ripulito e accomodato, ma alla fine è sempre mosso dagli stessi fili.

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