PIF IL GRAFFIO AMARO SUL FUTURO PROSSIMO
Con il film E noi come stronzi rimanemmo a guardare, Pif pare aver predetto il futuro che viviamo.
Pif, pseudonimo di Pierfrancesco Diliberto, bene o male, lo conoscono tutti. E’ stato forse colui che fra i primi comprese il potenziale dei cellulari. Famosi i suoi programmi girati come fosse un travelblogger, quando ancora i travelblogger non esistevano. Tra l’impegnato e il sornione, è passato fra tv, radio, reality e cinema con la capacità camaleontica del sapersi adattare e trarre il meglio da ogni situazione.
Visto oggi il suo film E noi come stronzi rimanemmo a guardare è di una sconcertante attualità. O per lo meno i prodomi di dove stiamo andando ci sono tutti. E lui, Pif, nel film ce li snocciola uno ad uno. Dall’invasività della tecnologia nelle nostre vite, fra controllo digitale, app, algoritmi e vita virtuale, al lavoro nei social e nei siti di incontri. Dalla crisi lavorativa allo sfruttamento lavorativo delle consegne a domicilio. Rimane il sospetto: che Pif abbia un intuito eccezionale, oppure abbia invece il compito di rabbonire lo spettatore inseminando nel subconscio un’idea che sarà più facilmente accettabile?

Perchè quello che si produce nella trama della sceneggiatura, ad occhi attenti, ce lo siamo vissuto o fa parte di un domani molto, ma molto vicino.
Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire come mai, guardando il film di Pif, si rimane colpiti dai contenuti che ci vengono proposti.
Innanzitutto, per inquadrare la capacità predittiva di Pif, va detto che il film è stato girato nel 2019, quando ancora dormivamo sonni tranquilli. E, sebbene sia uscito nel 2021, il film nel 2020 era bello che confezionato.
La maggiore fonte d’ispirazione per il film, come dichiarato da Pif, è stata il film Playtime di Jacques Tati. Mentre fonte di ispirazione per la sceneggiatura è stata il concept Candido e la tecnologia del collettivo I Diavoli.
Le riprese del film, prodotto da Sky Italia, si sono svolte tra Roma, Milano, Torino e Mumbai tra settembre e novembre 2019 Tuttavia la presentazione ufficiale avviene alla Festa del Cinema di Roma 2021 e sarà poi distribuito sui canali Sky Cinema dal 29 novembre 2021.

ATTENZIONE SPOILER!
La trama è molto semlice. Il protagonista, Arturo interpretato da Fabio de Luigi, lavora come manager informatico in una grande azienda di Milano. E, per ironia della sorte, è lui stesso che si ritrova licenziato dall’algoritmo che ha inventato con cui misurare l’effettiva utilità dei dipendenti. Nel momento in cui un algoritmo ti può sostituire, la persona non serve più, ci dice il film. La tecnologia, l’IA, un algoritmo, è freddo, matematico, logico. Non ci si ragiona, non vede le sfumature. E che la tecnologia stia creando disoccuazione è sotto gli occhi di tutti.
Ma, non solo il povero sventurato si vede licenziato. Ciò che fa rimanere basiti, sapendo che il film è stato girato nel 2019, è la modalità con cui succede. Oggi siamo abituati al famoso tablet di riconoscimento facciale, divenuto così familiare e diffuso in tempo Covid. Ma nel 2019 non si vedevano ancora gli ingressi con tablet che danno il via con il verde, ma ti fermano con un rosso. E solo questo fa riflettere su come molto di ciò che ci siamo trovati a vivere era già nell’aria, pronto all’uso. Pif fa iniziare il suo film proprio con una scena come questa.
Oggi sappiamo che in Cina ci sono zone smart in cui ogni accesso aviene con riconoscimento facciale a tablet. Chi risulta rosso, a causa della sua carta di identità digitale a punti, viene anche sottoposto a gogna pubblica con maxischermi che ne mostrano il volto. E anche nel film Pif sottopone il suo personaggio alla gona pubblica dei colleghi con sirene che si accendono e minacciose luci rosse che attirano su di lui l’attenzione.

Detto fatto, il nostro sfortunato protagonista si ritrova a doversi reinventare. Gli arriva così, con una modalità pari a quella de il gatto e la volpe di Pinocchio, la proposta per un lavoro dai contorni molto fumosi. In poche parole si ritrova abbindolato da una multinazionale come rider. Un po’ come il tenore di molti media che in tempo di Covid descriveva la scelta di fare il rider di professionisti musicisti o professori o persone che si erano ritrovate senza poter lavorare per le restrizioni e i lockdown, come un’esperienza entusiasmante. I toni erano elogiativi del contatto con la natura, il movimento fisico, la nuova prospettiva. Eppure non ci voleva molto per capire il gioco della propaganda becera che elogiava un lavoro di sfruttamento e fatica.
Nella pellicola Pf, pur con la sua ironia sorniona, ce lo fa respirare. La corsa contro il tempo a causa del monitoraggio della app a cronometro. Quindi non solo la consegna va effettuata in modo impeccabile, ma anche entro un tempo strettissimo. Chi sfora i tempi, chi non consegna con il sorriso e la canzoncina imposti, chi riceve una recesione negativa, paga pegno. E paga davvero. Tanto che, invece di guadagnare, il malcapitato finisce in perdita. Tanto più che mezzo, la bicicletta, e materiale lo zaino ecc, è a costo del lavoratore.

Ma tant’è che le partite iva o i cocopro e simili, già conoscono tale realtà. Come dire: non c’è limite al peggio. Che nessuno ai tempi abbia inveito contro stampa e tv che invece presentavano il mondo dei fattorini come un idillio, ancora rimane un mistero. E che, ancor oggi, così tante persone usino certi servizi, senza porsi il minimo scrupolo di cosa stiano alimentando, è altrettante sconcertante.
Proprio per sopperire alla mancanza di guadagno, nel film si introduce non altra triste realtà diventata quasi una nuova normalità. Il subaffitto di casa. Il protagonista, agiato manager, dispone di un appartamento nella city di Milano. Ma, ovviamente perso il lavoro, si trova mollato dalla fidanzata. Poco male, visto che a scatenare la rottura il deus ex machina sarebbe stato un test di affinità pescato in internet. Peccato per il protagonista che però ha dilapidato ogni risparmio per stare al passo con standard e capricci della compagna nella Milano da bere, fatta di feste e superficialità molto costose.

Il primo passo quindi per la nuova vita dello sciagurato è trovare un coinquilino con cui dividere i costi. Quante persone vivono così? Condividere spazi, subaffittare camere, dividere l’appartamento in più persone. E poi ci si chiede perchè i giovani non mettano più su famiglia, e come dovrebbero fare? Ma torniamo al film.
Si introduce così la figura del professore squattrinato che con il suo stipendio non può permettersi che vivere in una stanza in casa altrui .Il professore di filologia romaza, interpretato da Pif stesso, ci offre un ulteriore sguardo sui meccanismi a cui siamo sottoposti giornalmente. Il mondo dei social. Per sbarcare il lunario l’intellettuale produce post con falsi nickname da odiatore seriale o da fan sfegatato a seconda della richiesta. Ed ecco che si apre un ulteriore Vaso di Pandora. Il mondo degli haters, dei fan, delle o dei gruppies, ma anche dei fackt checkers. Ossia individui assoldati per tenere vivo l’interesse, fare visualizzazioni in negativo o in positivo non importa, incanalare l’opinione degli utenti, dirigere il pensiero unico.
Altre scene tristemente viste in epoca Covid. Ma già conosciute ed adottate efficacemente soprattutto nel mondo dello spettacolo. Ma davvero c’è chi pensa che tutti i fan, i like, i commenti negativi o positivi, ecc, siano veri e reali?. Starlett che si amano e poi si lasciano, poi si tradiscono e si riprendono. Spesso dietro ci sono contratti stipulati da manager e uffici stampa. E’ più la facciata che la realtà. Si recita fuori come sul palco, dietro come davanti alla telecamera.

Infine, tornando al film, non poteva mancare il riscatto. O meglio un riscatto che sa tanto di finto, purtroppo.
Arturo si trova risucchiato in questo mondo virtuale di app e videocall, anche la multinazionale ha una sede totalmente vuota e si comunica solo tramite videocall, altra triste normalità introdotta dal Covid. Lezioni da remoto, meeting via call, addirittura dischi registrati via call, il 2020 ha dato una spallata alla vita vera per abituare alle interazioni da remoto. Insomma la multinazionale stuzzica Pif all’acquisto di una app di incontri. Pure qui gestita da un algoritmo l’app permette l’apparizione dell’ologramma di quella che dovrebbe essere l’anima gemella dell’utente.
Ed ecco che il protagonista inizia a non distinguere più la realtà dalla finzione e si innamora. Ma, come tutti gli abbonamenti a pagamento, quando finisci il credito l’app si blocca. Eppure al cuore non si comanda e qui scopre la triste realtà, quella che ribalta la frittata. Stella, esiste davvero. Non è un ologramma, ma una persona in carne ed ossa. Altro prodotto della disperazione. Una multinazionale con sede a Mumbai infatti sfrutta disperati in cerca di lavoro per prestarsi ad essere proiettati in 3d ogni volta che un utente acceda all’app. E non assomiglia molto agli acandali che stanno uscendo di come in realtà pensando di parlare con l’Intelligenza Artificiale o l’assistente artificiale, si sia stati messi in contatto con persone che davano risposte preconfezionate sfruttate dall’altra parte del mondo?.

Insomma quello disegnato da Pif è un mondo di nuovi schiavi, legati da contratti capestro e senza alcun diritto, nemmeno quello di riposare o avere una vita. E, purtroppo nell’indifferenza totale è proprio questo il futuro a cui stiamo andando. Illusi che la tecnologia ci renda liberi, saremo sempre più schiavi e poveri, oltre che controllati e inutili.
Ma tornando al film, non si poteva non avere il lieto fine. Ed infatti Arturo escogita un piano per intrufolarsi a Mumbai e scappare con la sua Stella. Un finale che sa tanto di contentino, in quanto prima della scena finale vi è l’amara rivelazione di come il mondo di oggi viva l’assenza di libertà e tutti si sia soggetti ad un controllo di dati sensibili che non lasciano spazio alla privacy. Volenti o nolenti siamo controllati in un recinto sempre più stretto.
Se Arturo e la Stella, che in realtà scopriamo chiamarsi Flora, riescono a scappare. L’amaro in bocca ci rimane con la consapevolezza che non esiste alcun posto dove trovare riscatto.

Insomma E come stronzi rimanemmo a guardare, è il giusto monito che ci rimarrà nel momento in cui prenderemo consapevolezza di ciò che abbiamo contrinuito a creare. Un futuro, che è già in gran parte presente, distopico, una prigione a cielo aperto, una nuova servitù della gleba tecnologica.
E noi come stronzi rimannemo a guardare seppure qualcuno ce lo stava dicendo.

#VISTOPERVOI RECENSIONI
Voto:8. Non merita il 10 solo per quella sensazione che non si tratti di fiuto, sensibilità e capacità di vedere dove tira il vento. Si rimane con il sospetto che sia un modo bonario per preparare le masse al sonno della ragione per generare mostri, di borgesiana memoria. Il film non fece grande successo e forse fu per non svegliare le coscienze?. Eppure Pif rimane un personaggio ambiguo che non fa critica, semmai anticipa i tempi, come se li conoscesse e cavalcasse l’onda. Volendo dargli però il beneficio del dubbio, era doveroso citare questo film. Per cui vale la pena di riguardarlo o vederlo per la prima volta con però occhi aperti e mente critica.











