TRE SULL’ALTALENA DIVERTE DA OLTRE 30 ANNI

Scritta da Luigi Lunari, la commedia surreale Tre sull’altalena, continua a mantenere smalto suscitando domande esistenziali.

Tre sull’altalena non è solo una commedia divertente, ma è anche spunto di riflessione su temi esistenziali nochè specchio del condizionamento mentale umano. Nella rodata interpretazione della produzione EvoèTeatro e AriaTeatro, siamo andati a vedere lo spettacolo in una delle sue repliche in teatro.

Era il 1990 quando Luigi Lunari diede alle stampe quello che poi divenne uno dei suoi testi teatrali più conosciuti, ossia, Tre sull’altalena. Un prodotto vincente, visto che non solo tutt’oggi viene proposto e prodotto in teatro, ma ebbe anche traduzione in ben 26 lingue. Quindi si può parlare di un successo internazionale. Ed infatti il copione merita. Non solo infatti si gioca in uno stilettare di battute argute e doppi sensi molto fini ma pungenti, bensì Tre sull’altalena mette in scena le paure più profonde dell’uomo quando si trova a confronto con il surreale. Oppure quando si trova ad un passo dalla morte.

Tre uomini così diversi quindi, un imprenditore, un letterato e un militare, ex spia segreta, come ci tiene a ribadire lui stesso a più riprese, si ritrovano prigionieri di una situazione irreale. Ciascuno cerca di adattarvisi alla meglio, ciascuno cerca di convivere pur malvolentieri. E, ciascuno cerca di darsi e di dare una spiegazione, a quello che, non c’è spoiler, rimarrà un mistero.

E questo mistero dura ben da 35 anni. Pur scomodando tutta la filosofia e la letteratura prodotta, quel “sogno o son desto?” che pare aleggiare in Tre sull’altalena, rimarrà una domanda in sospeso.

Tre personaggi differenti, tre ingressi differenti per un’unica destinazione con tre indirizzi diversi, tre realtà che si incrociano in modo apparentemente casuale fra teatro dell’equivoco e battute sagaci. Il tutto guardato attraverso tre visuali divergenti eppure ciascuna assolutamente condivisibile che si confrontano, si differenziano e si incontrano. Così come in fondo è la realtà che vista da angolazioni differenti può assumere ogni volta diritto di verità.

Ma non è così in fondo proprio la vita? Infatti, al di là della vicenda narrata sul palco, ciò che ci rimane è la chiara visione di come ciascuno percepisca la realtà in base alla propria formazione mentale. Non tanto formazione culturale, ma proprio formazione come persona, e quindi forgiati dal proprio vissuto e dalla propria impostazioe di vita.  In Tre sull’altalena emerge come a far da padrone è il proprio modo di vedere la vita che si basa sul proprio ruolo nella società.

Ecco che nella paradossale circostanza che i tre si trovano a vivere, il tempo di una notte, il militare con il suo pragmatismo spiega tutto in modo semplice, razionale e fatalista accomodandovicisi dentro. Il professore letterato e scrittore invece si appella alle parole di autori e filosofi su cui filosofeggiare teorie pur vacillando ad ogni dubbio. Pur mostrandsi flemmatico e superiore all’apparenza. Il piccolo imprenditore invece nel suo correre incessante forte del problem solving crea e disfa ad ogni dove ogni evento cercandone la soluzione. Ed ecco che, da uomo di mondo che non si vergogna a riportare chiacchere e confidenze, è forse colui che più di tutti si avvicina alla realtà. Fosse anche paradossale o irrazionale. Magari solo apparentemente.

Insomma quelle tre anime incontratesi per pura fatalità del destino in quello che potrebbe essere un salotto d’attesa a poco a poco dipanano la matassa. Fra gag e involontarie battute, come solo le situazioni paradossali sanno creare, i tre un po’ per volta si arrendono ai fatti. Costretti a passare la notte in quel anticamera con toilette si arrendono al Fato da un allarme di quarantena.  Così un evento esterno li porta alla segregazione temporanea. Una convivenza forzata causata da forze di causa maggiore che però si sa terminerà il tempo di una notte.

Eppure nulla risulta come appare. Ad incominciare da un frigo bar che contiene per ciascuno solo ed esclusivamente la bevanda preferita, oppure una uscita che si apre solo se è quella da cui si è entrati, se ci se la scambia non apre. Proprio perchè, ci spiega il professore, potrebbe trattarsi di esclusione mentale. Ognuno si focalizza sul proprio pensiero e per esclusione non vede il restante, ossia ciò che gli sta attorno. Il quadro completo per intenderci.

In psicologia il fenomeno è ben conosciuto. Se si raccoglie la testimoninza di un fatto avremo sempre incongruenze. Poichè ciascuno vede solo la sua prospettiva e pure questa passa attraverso il filtro del proprio giudizio e del proprio vissuto. E’ assai difficile estraniarsi e riuscire a vedere un fatto con occhi a critici oppure nel suo complesso e nella sua interezza. Ci si focalizza sui particolari e a volte si perde la prospettiva.

L’intreccio si fa via via più fitto, fino a suggerire che quel posto potrebbe anche essere l’anticamera del giudizio finale. E’ notte, i tre sono stremati, i discorsi si fanno sempre più confidenziali, la paura incombe e nell’uomo si insinua un afflato di incertezza che vuole risposte. Ed ecco che l’uomo si interroga sulla vita. Come inevitabilmente si interroga sulla morte.

E se dunque non si fosse in un posto fisico, ma metafisico? Tutte le stranezze assumerebbero un senso e si spiegherebbero. Ecco che sopraggiunge la confessione di ciascuno, quella che si fa in extremis, quasi per scaramanzia. Ma siamo fra uomini di mondo, uomini che vivono nel concreto, che non si confondono con quisquillie metafisiche o religiose. Ma i dubbi aleggiano e le Sacre Scritture si prestano a facili interpretazioni. In fondo male non fa apellarsi ad un qualcosa di soprannaturale, non si sa mai. In fondo chi ce lo dice che non si sia morti, si dicono i tre, presi dallo sconforto, ma anche dalla curiosità.

Ed ecco sopraggiungere un elemento ancora più spiazzante. La donna delle pulizie. Quell’essere diverso, o meglio che si guarda con occhi diversi. A cui basterebbe chiedere spiegazioni, ma a cui non si ha coraggio di chiedere. Daltronde il gioco di equivoci è esilarante anche se sotto sotto si percepisce una sorta di presunzione di classe sociale.

Infine la notte finisce, come ogni cosa soggetta alla dimensione terrena di spazio tempo. E….. chissà cosa succederà in quel finale aperto senza spiegazione, sospeso al giudizio di ciascuno in sala. In fondo come ben recita il militare nel goffo tentativo di raccontare una barzelletta per risollevare l’atmosfera dei tre per amazzare il tempo in attesa che si faccia l’alba  “Dalla vita non ci si esce che da morti”.

Brillante l’interpretazione data da Evoè!Teatro e AriaTeatro di questa pieces andata in scena in un freddo sabato sera di febbraio al Teatro di Meano. Scelta vincente quella di proporre la propria versione di Tre sull’altalena di Lunari, in cui emerge tutta l’energica verve delle due compagnie teatrali.

SOTTOPALCO RECENSIONE #VISTOPERVOI

Voto 9.  A fronte delle ormai tante repliche lo spettacolo è ben rodato. Non c’erano dubbi che in scena si sarebbe stati all’altezza delle aspettative. Gustoso, divertente, eppure anche profondo e ricco di spunti, Tre sull’altalena è quello spettacolo che come disse a suo tempo Dario Fo “ti fa decidere di uscire da casa, vestirti di tutto punto, pagare un biglietto, condividere il tuo spazio vitale in un teatro e poi rientrare a casa”. Ne vale la pena senza alcun dubbio e non conta nulla se non è un debutto o uno spettacolo nuovo quando la qualità è buona e il prodotto è sostanzioso.

 

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