IL CLANDESTINO 2 SENZA HASSANI SHAPI

Dalla Rai al successo di Netflix, Il Clandestino è la fiction con Edoardo Leo e Hassani Shapi. Un duo che ne è l’anima e il motore ma che si è spezzato a luglio di questa estate.

Se ci sarà un sequel, Il Clandestino 2 sarà senza Hassani Shapi. A dare l’annuncio della improvvisa scomparsa dell’attore è sato lo stesso Edoardo Leo che, in un sentito post di Instagram, ha giustamente sottolineato che il successo della prima stagione è dovuto in gran parte all’interpretazione e la personalità dirompente di Hassani Shapi, alias Palitha, meccanico e uomo dalle mille risorse, dotato di spiazzante ironia e passione incondizionata per i Mikado.

Ora arriva la conferma, con un commento secco Edoardo Leo ha annunciato “Il Clandestino finisce qui. Grazie!”. L’abbandono arriva in un momento di grazia dell’attore che sta vivendo un momento di successo su tutti i fronti. E così ringrazia l’affetto del pubblico con questo commiato.

La serie televisiva, diretta da Rolando Ravello, andata in onda nella primavera del 2024 e disponibile su Raiplay, vede il vero successo a inizio estate 2024 quando viene pubblicata su Netflix. Tanto da piazzarsi subito ai vertici della top ten dei più visti e graditi. Il consiglio è quello di gustarsi la serie tv, in quanto merita sopratutto per la presenza dirompente di Hassani Shapi.

In se la serie strizza l’occhio al buonismo di un politicaly correct di ideologia woke de noialtri. Di contro la banalità tirata per i capelli di situazioni artefatte prende guizzo proprio dalla sferzante scorrettezza del personaggio di Shapi a cui si affidano le frecciate sferzanti e scorrette, che però danno un guizzo di autenticità al prodotto, Di per sè ben costruito, vuoi per l’ottima recitazione dei protagonisti, vuoi per la coppia Leo/Shapi.

La prima stagione de Il Clandestino si compone di 12 episodi. Ciascuno con una vicenda che si esaurisce all’interno della puntata, per cui indipendenti. Tuttavia ogni episodio si inserisce in una cornice narrativa. Una sorta di puzzle che si compone episodio dopo episodio e che svela i retroscena del protagonista Edoardo Leo.

L’attore Leo interpreta Luca Travaglia, ex ispettore capo dell’antiterrorismo, ora caduto in disgrazia. Infatti Il Clandestino si apre con Leo/Travaglia che vive barboneggiando nel retrobottega dell’officina/autorimessa del singalese Shapi/Palitha. Trasandato e scornato, il “nostro” annega dispiaceri e fantasmi del passato in alcolici e superalcolici.

Già dai primi episodi viene chiarito come il destino di Leo/Travaglia abbia cambiato percorso a causa di un attentato che il protagonista non ha saputo fugare. Un attentato in cui un suo sottoposto ha perso l’uso delle gambe di cui Leo/Travaglia si incolpa con pesante senso di colpa. E in cui ha un ruolo cardine la sua compagna di origine libica che muore nell’attentato.

Un po’ per volta la cornice si compone, di conseguenza si ricompongono le tessere del puzzle sia per lo spettatore che per tutti i protagonisti del telefilm. Tanto che alla fine la storia arriva alla sua conclusione, sia per lo spettatore che per i vari personaggi che fanno parte del passato e del presente di Leo/Travaglia.

Nel frattempo, in una Milano ad uso e consumo di cinepresa, perchè è evidente che molte sono le eccezioni alle regole e concessioni a favore di ripresa. Per esempio poter circolare in centro con un mezzo assolutamente datato, probabilmente pure fuori circolazione. Ma  come rinunciare alla vecchia rossa e scalcinata fiammante macchina da rimorchio che fa la sua figura. Quella stessa con cui, se Shapi/Palitha è persuaso di non destare sospetti, decisamente non passaerebbe inosservato un pedinamento con un mezzo simile. Ma la simpatia del singalese è tale che gli si perdonerebbe qualsiasi cosa.

Ed ecco che in bocca al singalese ci stanno bene persino le frecciate razziste e il politaly scorrect. Ovviamente sempre bilanciato invece da Leo/Travaglia che riporta sui binari del politaly correct e omologazione. E così infatti ogni episodio è infarcito da buonismo e da ogni tema sociale, trattato ogni volta in modo scontato e buonista. Tutti i vari casi che Leo/Travaglia si trova a seguire nella sua nuova veste di investigatore ruotano attorno ai temi di attualità di una società ai margini. Integrazione, bullismo, criminalità internazionale, lavoro nero sommerso, caporalato lavorativo, spaccio, faide, maternità surrogata e così via fanno da contraltare alla Milano Bene.

Tanto che Travaglia/Leo oscilla sempre in equilibrio fra passato e presente, proletariato e bassifondi di una Milano che fatica contro Milano chic, annoiata, viziata e capricciosa. Il richiamo e confronto è continuo come a voler umanizzare la Milano Bene ed elevare la Milano della periferia. E forse è questo che stride e rende grigio il telefilm, che comunque fila via una puntata dopo l’altra.

Condividiamo la scelta di chiudere qui Il Clandestino e per chi non lo avesse visto è ancora disponibile sia su Raiplay che Netflix. Per uno spettacolo senza impegno ricordandosi che è un film, finzione televisiva. Di certo a Milano in pieno centro non si parcheggia con la macchina e il traffico decisamente è ben differente da quello mostrato nello schermo, con buona pace per chi a Milano ci vive davvero.

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