CASTELLALTO A TELVE LA ROCCA DEL POTERE
Dalla sua posizione panoramica Castellalto domina la Valsugana e ci racconta di un passato di grande prestigio.
Di Castellalto a Telve oggi rimangono solo i ruderi, tuttavia la sua posizione strategica ha avuto un ruolo fondamentale nel passato. Sebbene il castello, o meglio, ciò che ne rimane, non è visitabile, raggiungere i ruderi e godersi la vista può essere la mèta di una facile gita in mezzo al bosco.
Quando si attraversa in macchina la Valsugana, all’altezza di Borgo, guardando verso nord, si vedono i ruderi di un castello. E’ impossibile non notare l’alta torre e le possenti mura. O meglio, ciò che ne rimane oggi. Il castello si trova sopra Telve, immerso nel bosco. E, anticamente si affacciava ad un altro castello ormai scomparso che sovrastava il dosso sopra Telve di Sopra.
Per raggiungere Castellalto però ci vorrà molta attenzione e un pizzico di perseveranza. In quanto purtroppo le indicazioni che troveremo sono molto vaghe e fuorvianti. Il sentiero inoltre è decisamente maltenuto con tanto di cartello di lavori in corso. Ad ogni modo esistono ben 3 opzioni per raggiungere Castellalto.
Edificato sulle pendici meridionali del Monte Musiera, Castellalto risale al XII decolo e si trova sopra l’abitato di Telve Valsugana. Quindi la prima opzione è quella di salire al castello proprio da Telve. Imboccando la Strada Provinciale 31, quella che porta a Passo Manghen, si dovrà lasciare la macchina al primo parcheggio proprio sotto il cartello informativo. Sulla destra si imboccherà il sentiero da Maso Belvedere che indica al castello e dopo pochi metri si dovrà prestare attenzione a deviare a destra sul sentiero. Attualmente segnalato con cartelli di Lavori in Corso.
Il sentiero è quello più ripido, ma anche diretto. Inoltre è quello più antico. Peccato che non venga fatta alcuna manutenzione. A metà salita tuttavia si troverà una datata bacheca che illustra una chicca. Ossia un sasso molto particolare. Il suo nome Sas de la sècia è dovuto ad n fatto particolare narrato in una leggenda.
Pare infatti che proprio su quel masso si fosse posato per riposare un contadino che stava portando il vino della decima al signorotto del castello. Costui vedendolo lo accusò di voler imbrogliare il suo signore. Così il povero sventurato avrebbe chiesto clemenza dicendo che se i secchi fossero rimasti incastrati nella roccia sarebbe stato segno della sua buonafede, viceversa si sarebbe sottoposto a giusta punizione. Ovviamente i secchi rimasero incastonati nella roccia, così come testimoniano tutt’oggi quelle incisioni perfettamente circolari nel sasso. E il signorotto dovette rinunciare così alla sua decima.
Salendo ancora si arriverà al castello. Altra via per raggingere Castellalto, ma ci si perderà il famoso sasso della leggenda, è quello di salire da Località Pozze. La località è sulla destra proseguendo di un chilometro la Strada provinciale 31. Lasciare la macchina e procedere su strada forestale fino al primo tornante dove parte un sentiero a scalinate che salgono al castello.
Infine allungando però il sentiero a piedi si dovrà lasciare la macchina a Parise e di lì seguire le indicazioni per il castello. La passeggiata sarà immersa nel bosco fra castagni, larici e abete rosso.
Fondato nel XII secolo, Castellalto nel 1600 viene ricordato come “uno tra i più grandi e ricchi castelli della Valsugana, coprendo 2.450 metri quadri di perimetro. Purtroppo oggi rimangono solo pochi resti e tutta l’area è pericolante. Infatti l’interno non è visitabile. Tuttavia si intravedono magnifici archi su colonne e fino a poco tempo fa si poteva anche ammirare le tracce di un antico affresco medievale sulla parte di quella che probabilmente era la cappella del castello, oggi purtroppo gravemente danneggiata.
Come si diceva il castello venne fondato da un ramo dei signori di Telve, feudatari del Vescovo di Feltre, siti a Castel Arnana a Telve. Castello di cui oggi non rimane quasi nulla in località Castelletto. Assieme a Castellalto i Signori di Castel Arnana fondarono anche Castel Pietro sul colle di Torcegno. Castello di cui rimangono solo ruderi e sito in cima al monte Ciolino sopra Torcegno. Alternativamente i tre rami della famiglia governavano la giurisdizione.
Con il tempo i tre rami della famiglia si estinsero e i castelli passarono ad altri proprietari. L’ultimo dei Telve fu Francesco Castellalto, colonnello imperiale. Dopo la sua morte avvenuta nel 1555, il Castellalto passò ai Trautmannsdorf che lo vendettero nel 1635 a Claudia de’ Medici, arciduchessa d’Austria e contessa del Tirolo. Nel 1652 il castello venne dato in pegno ai fratelli Zambelli di Bassano. In seguito nel 1674 passò ai Buffa che furono elevati al rango nobiliare di baroni e condividevano l’amministrazione della giurisdizione con i conti Giovannelli di Castel Telvana.
Il castello subì pesanti danneggiamenti a causa dei bombardamenti della prima guerra mondiale. Tuttavia fino ad oltre il 1.500 il castello visse un periodo di grande ricchezza. Testimoniato dai vari ritrovamenti fatti in loco, fra cui preziose ceramiche, arredi e oggetti di uso comune, nonchè monete.
Tanto potere e tanta ricchezza del castello si accompagna ad una fama oscura fatta di sopprusi e angherie da parte dei signorotti verso i propri sudditi. Rimane infatti memoria, attraverso le leggende, di quanto malvagio fosse il conte di Castellalto. Si narra dei tributi che il castello pretendeva dai contadini. Ogni anno una parte dei raccolti era dovuta al signore di Castellalto. Tanto che quando i raccolti erano magri i contadini erano ridotti alla fame dovendo riempire comunque i depositi del castello e le armenti sopravvissute alla carestia. Si narra che poteva succedere che salendo per la ripida salita al castello i contadini sentissero i lamenti e le lugubri cantilene dei fantasmi dei contadini morti di stenti. Le anime tormentate ammonivano i poveri oppressi a smarcarsi dai tributi per non seguire l’amara sorte.
Tutt’oggi nelle notti di luna piena a fine stagione gli anziani di Telve raccontano che salendo al castello si potrebbero sentire fra le fronde degli alberi mosse dal vento queste tristi cantilene di sventura e monito. Ed ascoltando attentamente c’è chi giura di aver sentito le anime dei contadini arrogarsi la soddisfazione di vedere il castello in rovina.
Pare poi che altri oscuri segreti siano celati fra le rovine di Castellalto. Non solo le leggende parlano del diritto di prima notte da parte dei castellani nei confronti delle giovani fanciulle del feudo, ma si narra anche di gallerie scavate nella montagna. Vere e proprie vie di fuga in caso di assedio oppure semplicemente cunicli da usare per spiare non visti i propri sudditi.
Si narra di un cunicolo che collegava il castello con il sottostante Castel Arnana che sarebbe stato scavato sotto il Rio Nana. Un altra galleria invece avrebbe collegato Palazzo Buffa a Borgo Valsugana. Ed un altro ancora Castel San Pietro a Torcegno. Pare, secondo tali leggende che nei cunicoli tutt’oggi sono celati preziosi tesori, nascosti lì dai castellani. Tuttavia oramai i presunti tesori nascosti accumulati in forzieri di gioielli e monete d’oro ed argento sono stati inghiottiti dalla montagna come vuole la leggenda.
Altrettanta fama crudele è quella di Castel San Pietro, di cui oggi non rimangono che qualche traccia, ma che viene ricordato in varie leggende locali. Si narra infatti che i boschi attorno a Castel San Pietro fossero zona di caccia di un essere leggendario. Il Beatrik in groppa ad un enorme cavallo nero metteva a ferro e fuoco il bosco con la sua enorme muta di cani. Quando i contadini sentivano il galoppare accompagnato dai latrati correva a nascondersi in casa. Ed in Beatrik si divertiva a far paura alle povere genti. Il suo periodo preferito era fra il Natale e l’Epifania che corrispondeva al periodo dei fumenti.
Ancora oggi fra gli anziani di Torcegno si racconta di terrificanti incontri con il mostro. Egli elargiva pezzi di animali che in mano ai contadini si trasformavano in membra umane. Così i malcapitati erano perseguitati da sciagre e sfortuna finchè non fossero riusciti a restituire il favore al mostro. Ovviamente solo forti di croci o amuleti sacri era possibile sciogliere il nefasto incantesimo.
Infine vi è un’altra leggenda legata a Castel San Pietro. In tempi lontani ma assai più recenti, quando ancora si potevano scorgere i resti del castello, in paese si palesarono due donne e un uomo. Questi decisero di costruirsi un rifugio a ridosso delle mura. La curiosità degli abitanti di Torcegno era tanta. Infatti i tre vivevano solo dei frutti del bosco e in paese non si vedevano mai. Fu così che si decise di indagare e due uomini salirono al castello per chiedere spiegazioni. Interrogati sui loro intenti i tre dissero che volevano vivere ritirati in quel modo.
Pur di capire meglio le intenzioni i due chiesero se non avessero paura di stare nel bosco tutti soli. E la più anzana dei tre disse che non avevano certo paura visto che tutte le notti erano vegliati e protetti dai fantasmi dei castellani. Codesti uscivano dalle mura e si mettevano a baluardo della casetta intonando inni religiosi in difesa dei tre pellegrini. Fu così che gli abitanti di Torcegno si guardarono bene dal salire di notte ai ruderi di Castel San Pietro. Tutt’oggi nelle notti tempestose, quando il vento sibila giù verso l’abitato, c’è chi giura di aver sentito le voci dei fantasmi che intonano inni e cantano nenie antiche.