GRACES DANZA IL SENSO DELLA BELLEZZA
Dopo aver indagato il corpo e il rapporto che ognuno di noi vi instaura, in R.Osa, Silvia Gribaudi propone Graces. Il tema di bellezza e abbondanza diventano lo spunto per uno spettacolo di danza che scalda il cuore e porta in scena ironia e autoironia.
In Graces si incontrano danza, teatro e performing art, le tre anime artistiche di Silvia Gribaudi. Coreografa ed anche in scena la Gribaudi ha scaldato una fredda serata di inizio dicembre, al Teatro di Pergine. Ed il pubblico trentino, solitamente timido e riservato, si è lasciato coinvolgere prestandosi attivamente come interlocutore, grazie allo humor con cui la trama di cui è intessuto Graces si è srotolata sul palco.
E quando dietro c’è un pensiero preciso, il risultato si vede. Molte produzioni al giorno d’oggi nascondono dietro la performing art tanto fumo e poca arte. Non è certo questo il caso di Silvia Gribaudi e del suo corpo di ballo. Quello che arriva è la regia attenta ad ogni particolare, dalle luci che diventano il quarto protagonista in scena. Ai costumi che danno quel lato ironico che porta alla risata, ma che sono perfetti per il risultato a cui si vuole arrivare. E poi i tempi. Un ritmo scandito in modo magistrale, fra danza, movimento, pause, chicchere e tanta autoironia.
E l’autoironia, si sa, è sintomo di grande intelligenza. Solo chi è sicuro di se, chi domina la situazione e ha ben chiaro cosa sta facendo si abbandona all’autoironia. Così Graces, che prende come ispirazione la bellezza plastica delle statue di Canova, ragiona attorno al senso di bellezza.
Ma cos’è la bellezza? Chiede la Gribaudi dal palco al pubblico. E, lasciando in sospeso la domanda, prosegue nella sua provocazione, “prendetevi tutto il tempo per rispondere”. Non che ci si aspetti una risposta. In quanto è evidente che la bellezza oggettiva è nella palsticità dei corpi disegnati in penombra dalle linee dei muscoli in bella vista dalla pose tanto utilizzate nella scultura classica. La bellezza oggettiva traspare anche dai passi di danza, quella vera, fatta di piroette, salti e muovimenti in linea.
Eppure la bellezza è anche quella sgraziata, volutamente sgraziata, di pose meno eleganti o di coreografie volutamente buffe e goffe. Si ride con Graces, perchè in fondo si ride del nostro rincorrere la bellezza intesa come forma fisica, come eleganza a tutti i costi, come delicatezza e pensieri alti. Perchè alla fine sul tema abbondanza la cruda realtà, quella vera, è assai terra terra e materiale. E la stessa Gribaudi smaschera il pubblico amorevolmente e con ironia. Alla domanda infatti cosa sia l’abbondanza non si ferma con i suggerimenti finchè non c’è chi ha il coraggio di ammettere che abbondanza è tanto cibo, soldi e benessere.
Ogni gesto, ogni pausa, ogni coreografia in Graces si percepisce sono il frutto di studio, esperienza e grande talento. Non per nulla la Gribaudi è pluripremiata e i suoi spettacoli non passano inosservati ma hanno una serie di riconoscimenti di tutto rispetto. Le molte trovate infatti tradiscono il grande studio, il colpo d’occhio, la capacità di trovare linguaggi con cui esprimere ciò che si vuole dire. Di conseguenza ogni elemento si incastra perfettamente. Dai costumi, alle luci, dall’acqua in scena, alle pause fino ai momenti di interazione con il pubblico.
E’ una conduzione decisa e ferma, quella di Silvia Gribaudi, e al contempo garbata e piena di grazia. Ed in fondo Graces non si potrebbe tradurre con Grazia? Che poi è la cifra stilistica delle Tre Grazie del Canova, quel gruppo scultoreo da cui si ispira lo spettacolo stesso.
Avrebbe sicuramente meritato più pubblico lo spettacolo di un lunedì sera di dicembre a Pergine. Ma chi c’era aveva una luce differente negli occhi uscendo da teatro nella fredda serata della Valsugana. E lodevole l’impegno e la professionalità dei tre danzatori e della Gribaudi che hanno danzato e recitato, portando in scena Graces come fossero in un teatro di grido tipo La Scala di Milano davanti al pubblico delle grandi occasioni. E la Gribaudi ha mostrato che puoi anche far ridere e usare l’ironia con la performing art, ma poi quello che mi mostri è uno spettacolo vero con un’idea precisa che si snoda fra regia e danza in scena.
SOTTOPALCO
#vistopervoi
Voto 10 esponenziale tanto da andare a rivederlo senza indugio. Piacevole, geniale, pensato, completo.