SPECIAL CORRESPONDENTS FINZIONE O REALTA’

Solo perché il tono è quello della commedia, cionondimeno questo film di Ricky Gervais del 2016 dipinge uno spaccato che si avvicina a molta realtà odierna. A questo punto verrebbe da chiedersi Special Correspondents finzione o realtà?.

Disponibile sul catalogo Netflix, il film si presta ad un momento di intrattenimento in un fine settimana piovoso.

Si tratta di una commedia brillante con spunti molto divertenti. Ben costruita, anche nella maestria di Gervais di tratteggiare i personaggi, esasperando in modo caricaturale gli stereotipi. Però non infastidisce, anzi, concede quel tocco attraverso cui rendere verosimile la trama.

Special Correspondents racconta, in poche parole, la tragicomica storia di una emittente radio locale che si trova di colpo ai vertici di ascolto per la mirabolante performance di un giornalista e del suo tecnico.

Siamo a New York e gli ingredienti sono: un giornalista sfacciato ma poco incline all’impegno e alle regole, ovviamente belloccio e dal cipiglio della star. Poi c’è un tecnico del suono, accanito giocatore di games, collezionista di eroi della Marvel, impacciato, britannico, pieno però di risorse e sposato. Quindi c’è una moglie insoddisfatta e frustrata che però coglie al balzo l’opportunità di essere al centro dell’attenzione mediatica e di far fruttare la cosa per far soldi e lanciarsi nel mondo dello star system.

A corollario ci sono, il direttore dell’emittente radiofonica, una collega invaghita del tecnico pure lei goffa ma molto onesta e di buon cuore, due ispanici che gestiscono una tavola calda molto, molto ingenui, pure loro di gran cuore. E ovviamente lo scoop, ossia una sanguinosa possibile rivolta in Ecuador.

Special Correspondents

Attenzione Spoiler!

Ebbene la radio manda i due sul posto per fare la cronaca dei fatti, ma i due perdono biglietti, soldi e passaporti e non possono partire. Nella disperazione decidono di fingere di essere in Ecuador e propinare alla radio dei collegamenti fasulli con generiche radiocronache di pochi minuti e rumori di sottofondo creati ad hoc.

Ovviamente la cosa si ingarbuglia quando i due si inventano un fantomatico capo rivolta lasciando intendere intrallazzi che legano la faccenda con l’America. Idea nata cercando di dare una nota di veridicità e colore per distinguersi dagli altri cronisti che trasmettono con giubbotto antiproiettile fuori dall’Hotel, sì in Ecuador ma ben lontano dalle zone calde. Proprio perchè in Special Correspondents finzione o realtà viaggiano all’unisono.

Ecco che si mobilita Ambasciata, visto che, pur di non avere il famoso “buco”, gergo giornalistico con cui si definisce la notizia mancata, pure gli altri reporter gettano benzina sul fuoco e rilanciano la notizia.

A questo punto ovviamente i due vengono invitati a recarsi all’ambasciata americana dell’Ecuador per il rientro a casa, visto il pericolo di aver smascherato il fantomatico leader.

Così per prendere tempo i due decidono di fingersi rapiti dai rivoltosi. Nel frattempo la moglie invia una raccolta fondi per un eventuale riscatto, o meglio per arricchirsi e sponsorizza la sua nuova carriera di cantante.

A questo punto urge una soluzione. I due scendono a patti con la truffatrice senza cuore dividendosi il malloppo per finanziare un viaggio illegale in Ecuador così da fingere il rilascio con pagamento di riscatto da parte della donna.

Ovviamente vengono però davvero rapiti da dei delinquenti da cui però sfuggono grazie all’eroismo del tecnico. Giunti a casa vengono accolti come eroi. Il segreto è al sicuro. Lo scoop ha avuto successo. I buoni trovano il proprio posto e i cattivi la fanno franca.

Il film sarebbe una divertente commedia, se purtroppo non fosse lo specchio di una amara realtà. Per coloro che pensano al giornalismo come ci hanno abituato film di redazioni enormi con riunioni al cardiopalma e giornalisti di inchiesta che rincorrono le notizie con taccuino, matita e macchina fotografica. Ore di ricerche, scavi, interviste e quantaltro con scarpe consunte e dita doloranti sulla tastiera, sono retaggio di pellicole romantiche e ormai retrò.

Per chi è cresciuto con il mito di Robert Redford e Dustin Hoffman in “Tutti gli uomini del Presidente”, ispirato allo scoop del Washington Post sullo scandalo Watergate e dimissioni di Richard Nixon, Presidente degli Stati Uniti, ebbene oggi il giornalismo è molto più simile a Special Correspondents, finzione o realtà che si mescolano e difficilmente si distinguono.

Da un lato fervida immaginazione e quell’intuito vivace che ti permette di mettere insieme una storia verosimile, ma tutta da dimostrare, che però soddisfa la necessità di andare in onda o di consegnare il pezzo e “bucare”. Raggiungere così lo scopo di avere lo spazio e l’indice di gradimento.

Dall’altra c’è la concorrenza che, pur di non avere il cosiddetto “buco”, abbocca e rincara la dose per stare al passo.

Chi ci perde è la verità. Ma nel mondo dell’immagine e dello show, in fondo la verità l’abbiamo persa da un pezzo.

E che la redazione e i mezzi giornalistici, proposti in Special Correspondence sono ancora dignitosi. Oggigiorno le redazioni sono composte da pochissime persone e pochi mezzi, quel tanto che basta per tenere in piedi una facciata, ma di sicuro non per offrire un buon servizio di informazione.

Oggi l’informazione andrebbe tutta rivista. Nel mondo della globalizzazione è folle voler raccontare cosa succede dall’altra parte del mondo informandosi in tv, cosa che qualsiasi utente può fare da solo.

Fa specie quando la coppia di ispanici si fa raccontare dal tecnico, Ian Finch, Ricky Gervais, il suo lavoro di cronista sportivo. E lui candidamente racconta dei servizi sulle Olimpiadi, ben 4, fatte dall’ufficio di New York guardandole in Tv. Ma è così che succede, nel momento in cui si coglie con occhio critico, la verità oltre la finzione e la scena.

Ecco che in Special Corrispondents finzione o realtà si mescolano per benino, per poi rimandarle al mittente. Fra una risata e quel tanto di divertimento, se si coglie l’amarezza della critica però ti arriva un bel pugno nello stomaco.

La cifra stilistica di Gervais è proprio questa, quella di presentarti in forma leggera una feroce critica, arrivando al punto, pur senza dirtelo, in sordina ma di fronte ai tuoi occhi.

Era il 2016, e le cose sono andate peggiorando. Magari alla prossima cronaca dal fronte, al prossimo collegamento farlocco, al prossimo servizio truccato, al prossimo articolo verità, sarebbe meglio ricordarselo. Nell’era dell’informazione a portata di click, meglio controllare e affinare il fiuto per non cadere o scadere nei Special Correspondents. Finzione o realtà, non è il titolo a fare la differenza, ma l’etica e la morale.

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