SAI COS’E’ IL COUNSELING ?

Oltre la paura di chiedere aiuto: il coraggio che fa rinascere

Le paure che ci bloccano

Chiedere aiuto, soprattutto psicologico, è spesso accompagnato da una serie di paure radicate. Molti di noi temono il giudizio degli altri: c’è ancora lo stigma che associa il bisogno di supporto psicologico a debolezza o “pazzia”. In Italia una persona su cinque sperimenta un qualche disagio mentale (Disagio mentale in crescita: torna “Sto bene, grazie”, l’iniziativa per capire chi è in difficoltà ), ma questi disturbi – dall’ansia alla depressione – restano troppo spesso circondati da vergogna e pregiudizio (Disagio mentale in crescita: torna “Sto bene, grazie”, l’iniziativa per capire chi è in difficoltà ).

La paura di essere considerati fragili o inadeguati può diventare un muro altissimo. Spesso pensiamo di dover “farcela da soli”, e che rivolgersi a uno psicologo o a un counselor significhi ammettere una nostra inadeguatezza. In realtà niente è più falso: mostrare la propria vulnerabilità richiede un coraggio enorme (Why Vulnerability Is So Important in Therapy – Heading Health). Come spiega la psicoterapeuta statunitense Brené Brown, vulnerabilità non è sinonimo di debolezza, ma è atto di coraggio e chiave per connessione autentica (Brown, Daring Greatly, 2012).

Un’altra barriera comune è la riluttanza a confidarsi con uno sconosciuto, per quanto professionista. L’idea di raccontare i propri pensieri più intimi a un counselor spaventa: “E se mi giudica? E se non mi capisce?”. Va ricordato che il terapeuta offre per definizione uno spazio protetto ed empatico. Anche se all’inizio può volerci tempo per sentirsi a proprio agio, la terapia è pensata proprio come un safe space in cui esprimersi senza paura (Why Vulnerability Is So Important in Therapy – Heading Health). Chi ha provato questo percorso testimonia spesso di aver trovato nel dialogo terapeutico un luogo in cui nessuna emozione è “sbagliata” e non si viene etichettati.

Infine, c’è il tabù della sofferenza profonda, della morte e del dolore emotivo. Molte persone evitano persino di nominare certe perdite o paure esistenziali, sperando così di esorcizzarle. In realtà, ignorare questi temi non li cancella; al contrario, può ingigantirli interiormente. La thanatofobia, ovvero la paura della morte, è più comune di quanto si pensi e spesso si lega a stati d’ansia generalizzati. Affrontarla con l’aiuto di un esperto è possibile: la psicoterapia può aiutare la maggior parte delle persone a superare questa fobia (Thanatophobia (Fear of Death): Symptoms & Treatments). Allo stesso modo, condividere un lutto o una sofferenza profonda con qualcuno di fidato (uno specialista o anche un amico empatico) permette di iniziare ad elaborarla, anziché lasciare che ci consumi dall’interno. In sintesi, le paure che ci trattengono – del giudizio altrui, dell’intimità emotiva, del dolore – sono comprensibili e umane, ma non devono diventare prigioni permanenti. Col tempo e con il giusto supporto, si possono guardare in faccia e oltrepassare.

Perché aprirsi fa bene

Superare la vergogna iniziale e parlare dei propri problemi è un passo difficile, ma che porta con sé numerosi benefici dimostrati. Ecco alcuni dei principali vantaggi del “rompere il silenzio” in materia di disagio emotivo:

  • Alleggerimento emotivo e mentale: condividere un peso lo rende immediatamente più sopportabile. Diversi studi indicano che reprimere le emozioni è controproducente: l’emozione non espressa tende a “somatizzarsi” in problemi fisici (tensioni, dolori, disturbi psicosomatici) e a creare malessere psicologico (Pitfalls of Suppressing Emotions and Pros of Processing Them | Psychology Today).
  • Al contrario, dare voce a ciò che proviamo aiuta a ridurre lo stress interno. Non è un caso se molte persone descrivono un senso di sollievo dopo essersi confidate – come se finalmente potessero tirare il fiato.
  • Miglioramento della salute e della qualità di vita: prendersi cura della propria mente ha effetti positivi tangibili sul benessere generale. Una recente indagine italiana sul “bonus psicologo” ha rilevato che chi ha intrapreso un percorso di terapia grazie a questo supporto economico ha riportato un netto miglioramento dei sintomi, della qualità della vita e del benessere, con perfino una riduzione dei giorni di malattia dal lavoro e dell’uso di farmaci analgesici (Tendenze Fra I Giovani: Andare Dallo Psicologo Online: Perché Lo Fanno).
  • In altre parole, aprirsi e farsi aiutare non solo allevia la sofferenza mentale, ma può influire positivamente anche sul corpo e sulla vita quotidiana.
  • Relazioni più forti e senso di connessione: confidarsi con qualcuno di fidato crea intimità e comprensione reciproca. Ci leghiamo gli uni agli altri proprio condividendo le emozioni – gioie e dolori – della vita (Pitfalls of Suppressing Emotions and Pros of Processing Them | Psychology Today). Se teniamo tutto dentro per paura, finiamo per sentirci più soli. Al contrario, mostrarsi vulnerabili spesso incoraggia anche gli altri a fare lo stesso, innescando un circolo virtuoso di sostegno. Aprirsi con una persona sicura (un amico, un familiare o un terapeuta) fa sentire meno soli al mondo: si realizza che non siamo i soli ad affrontare certe paure o sofferenze. Questo senso di connessione è un potente antidoto alla disperazione.
  • Crescita personale e auto-consapevolezza: parlare di ciò che si ha dentro – che sia con un professionista o anche solo con un caro amico – aiuta a dare un nome alle proprie emozioni e a riorganizzare i pensieri confusi. Spesso, mentre raccontiamo il nostro vissuto, riusciamo a vedere le cose con maggiore chiarezza o da una nuova prospettiva. In ambito terapeutico, questo processo diventa ancora più profondo: poter esplorare liberamente sentimenti e ricordi in un contesto sicuro permette di raggiungere una migliore comprensione di sé, dei propri bisogni e schemi di comportamento. È il primo passo per attivare cambiamenti positivi. Come scrive un esperto, “imparare a riconoscere, gestire e dare spazio alle proprie emozioni può aiutare a vivere una vita migliore, più felice e appagante” (Pitfalls of Suppressing Emotions and Pros of Processing Them | Psychology Today). In pratica, ci si conosce meglio e si sviluppano strategie emotive più sane.
  • Riduzione della vergogna e del senso di colpa: portare alla luce quei pensieri di cui ci vergogniamo tanto li rende meno minacciosi. La vergogna “si nutre di segretezza e isolamento” (Why Vulnerability Is So Important in Therapy – Heading Health) – quando teniamo nascosti i nostri problemi, li alimentiamo senza volerlo. Ma appena iniziamo a parlarne con qualcuno che sa ascoltare, quella vergogna perde potere. Ci sentiamo compresi e accettati, e capiamo che avere momenti di difficoltà non è motivo di colpa. Anzi, è parte dell’essere umani. Questo aiuta a sviluppare auto-compassione: iniziamo a trattare noi stessi con la gentilezza con cui tratteremmo un amico caro alle prese con gli stessi problemi.

In sintesi, aprire il cuore e la mente quando si sta male è il primo passo verso la guarigione. Come recita lo slogan di una recente campagna della Croce Rossa, “Chiedere aiuto è il primo passo per stare meglio” (Supporto psicologico – Croce Rossa Italiana). Ogni volta che rompiamo il silenzio – sia confidandoci con un amico, partecipando a un gruppo di ascolto o varcando la soglia di uno studio di counseling – stiamo facendo un investimento prezioso sul nostro benessere presente e futuro.

Il dialogo interiore che cura

Non sempre si riesce subito a parlare con qualcun altro di ciò che si prova. Una tappa importante, allora, può essere imparare a parlare con sé stessi in modo costruttivo. Spesso siamo i giudici più severi di noi stessi, tendiamo a minimizzare le nostre sofferenze o, all’opposto, a ruminare pensieri negativi senza via d’uscita. Eppure, sviluppare un dialogo interiore più empatico e aperto può avere effetti terapeutici sorprendenti.

Un metodo semplice e alla portata di tutti per coltivare questo dialogo è la scrittura personale. Tenere un diario, annotare liberamente pensieri ed emozioni su un foglio, è molto più che un passatempo adolescenziale: è uno strumento di benessere riconosciuto. Molti studi dimostrano che scrivere un diario ha un vero potere curativo (Perché scrivere un diario fa bene – Santagostino Psiche). Mettere nero su bianco ciò che sentiamo aiuta a liberarci dai pesi interiori, chiarire le idee e rielaborare i momenti difficili (Perché scrivere un diario fa bene – Santagostino Psiche). Non servono doti letterarie: quello che conta è l’onestà verso sé stessi. Può essere uno sfogo emotivo “di getto” oppure una riflessione più calma e strutturata: in entrambi i casi la pagina bianca diventa un luogo sicuro dove dare forma al caos interiore.

Scrivere (o parlare ad alta voce quando siamo soli) ci permette di osservare le nostre emozioni da una certa distanza. È come tenere uno specchio davanti alla mente: vediamo meglio cosa succede dentro di noi. Questo aiuta a prendere consapevolezza di sentimenti magari nascosti sotto rabbia o tristezza apparenti. Ad esempio, dietro la frase “sono arrabbiato col mondo” potrebbe esserci una paura o una delusione specifica; buttarla giù su carta spesso la fa emergere. Inoltre, rileggere in seguito ciò che abbiamo scritto fa notare i progressi, i pattern che si ripetono, o semplicemente ci ricorda che momenti bui già vissuti in passato poi sono stati superati.

Un progetto nato proprio sul valore terapeutico della scrittura è “Storie di Rinascita”, promosso dall’associazione Progetto Itaca a Milano. In questo laboratorio, persone che hanno vissuto un disagio psichico mettono per iscritto la propria storia di sofferenza e guarigione. Il risultato è duplice: da un lato per l’autore è un’esperienza liberatoria, perché acquisisce maggiore consapevolezza di sé, accetta la propria sofferenza e riesce perfino a intravedere nuova speranza per il futuro; dall’altro lato queste testimonianze diventano di sostegno per chi le legge, aiutando altre persone in difficoltà a comprendere e accettare la propria condizione (Storie di Rinascita: quando la scrittura aiuta lo spirito e la mente – Harmoniamentis) (Storie di Rinascita: quando la scrittura aiuta lo spirito e la mente – Harmoniamentis). È un bellissimo esempio di come parlando a sé stessi, si finisce anche per parlare agli altri, creando connessioni emotive.

Naturalmente, il dialogo interiore da solo non sempre basta a risolvere problemi profondi – e non deve diventare un alibi per chiudersi evitando comunque il confronto esterno. Ma è un ottimo punto di partenza. Trascorrere del tempo con i propri pensieri, magari durante una passeggiata nei boschi del Trentino o seduti in riva a un lago, può aiutarci a ordinare le emozioni. Possiamo imparare a essere i primi confidenti di noi stessi, trattandoci con la stessa empatia con cui incoraggeremmo un amico. Da lì, sarà più facile trovare le parole per aprirsi anche con gli altri.

Il counseling: uno spazio sicuro per la vulnerabilità

Se il dialogo con sé stessi è il primo passo, il dialogo con un professionista può essere quello decisivo per la svolta. Negli ultimi tempi, rivolgersi a psicologi e counselor è diventato sempre più comune – finalmente si sta normalizzando l’idea che la salute mentale fa parte integrante del nostro benessere. Basti pensare che negli ultimi quattro anni le richieste di aiuto psicologico in Italia sono aumentate di 10 punti percentuali, dal 29% del 2020 al 39% del 2024 (Tendenze Fra I Giovani: Andare Dallo Psicologo Online: Perché Lo Fanno). Complici la pandemia e le difficoltà sociali recenti, mai come ora le persone sentono il bisogno di un supporto. E fortunatamente in molti trovano il coraggio di fare quel passo. In Trentino e in tutta Italia stiamo assistendo a un cambiamento culturale: chiedere supporto non è più un tabù, anzi è visto sempre più come un atto di cura di sé di cui non vergognarsi.

Ma cosa offre in concreto un percorso di counseling o psicoterapia? Prima di tutto, un luogo protetto dove la fragilità è accolta senza giudizio. Il professionista – psicologo, psicoterapeuta o counselor qualificato – ha il compito di ascoltare attivamente e empatizzare con ciò che il paziente racconta, creando un clima di fiducia reciproca. Quando ci sentiamo sufficientemente al sicuro, possiamo davvero abbassare le difese ed esplorare quelle parti di noi che altrove terremmo nascoste. In terapia non esistono “domande stupide” né ci si deve preoccupare di pesare le parole per paura di offendere o allarmare l’altro: tutto può essere detto, anche i pensieri più “brutti” o spaventosi. Spesso, solo il poter esprimere liberamente certe cose davanti a qualcuno che ascolta con comprensione ha già un potere curativo. Si esce dalla seduta con la sensazione di non essere più imprigionati da quei pensieri, perché ora c’è qualcun altro a condividerne il peso e a fornire spunti per rielaborarli.

Un bravo terapeuta inoltre normalizza le nostre emozioni, facendoci capire che è normale provare ciò che proviamo di fronte alle esperienze vissute. Questo ridimensiona molte paure: ad esempio, scoprire che l’ansia che ci attanaglia è una reazione comprensibile a stress prolungati (e non “pazzia” che ci sta travolgendo) ci fa già sentire meglio. Nel tempo, grazie al dialogo guidato, si imparano nuove prospettive e strumenti per gestire le difficoltà: tecniche di respirazione per gli attacchi di panico, strategie cognitive per arginare i pensieri negativi ricorrenti, esercizi per affrontare gradualmente ciò che temiamo (nel caso delle fobie), e così via. Si costruisce una cassetta degli attrezzi emotiva da portare con sé nella vita di tutti i giorni.

Da non sottovalutare è anche il semplice fatto di dedicarsi uno spazio e un tempo regolari per la propria salute mentale. In una società frenetica, ritagliarsi quell’ora a settimana per un colloquio di counseling equivale a dichiarare: “Io merito attenzione e cura”. È un segnale importante che diamo a noi stessi, spesso il primo passo verso un’autostima migliore. E man mano che la fiducia nel terapeuta cresce, può crescere anche la fiducia in noi stessi. Come evidenziano gli studi sulla therapeutic alliance, una buona relazione di fiducia e apertura con il proprio terapeuta produce risultati migliori (Why Vulnerability Is So Important in Therapy – Heading Health). In altri termini, più ci sentiamo liberi di essere vulnerabili in terapia, più ne traiamo beneficio.

Infine, va ricordato che esistono oggi diverse figure e modalità di supporto: non solo psicologi clinici, ma anche counselor professionisti per difficoltà specifiche e limitate (orientamento, sostegno emotivo breve termine), servizi di counseling scolastico o lavorativo, gruppi di mutuo aiuto guidati da facilitatori, ecc. L’importante è scegliere persone qualificate e con cui ci si sente a proprio agio. Non c’è vergogna nel “provare” un terapeuta e poi cambiarlo se non ci si sente in sintonia: trovare la persona giusta fa parte del percorso. Quel che conta è non arrendersi alla prima difficoltà e continuare a dare valore al proprio benessere psicologico.

Non sei solo: risorse e opportunità per chiedere aiuto

Se vi riconoscete in qualche forma di disagio – che sia un’ansia persistente, un umore nero che non passa, o anche solo un periodo in cui vi sentite sopraffatti – sappiate che non siete soli e non dovete affrontarlo da soli. Oggi più che mai esistono risorse a cui potersi rivolgere, sia a livello locale che nazionale. Ecco alcune opportunità concrete per chi decide di chiedere aiuto:

  • Servizi di ascolto psicologico in Trentino: nella nostra provincia sono attivi consultori familiari e servizi psicologici pubblici accessibili gratuitamente. L’accesso al consultorio familiare, ad esempio, è libero, gratuito e senza prescrizione medica ( Consultorio per il singolo, la coppia e la famiglia / Servizi e Prestazioni / Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari – Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari): basta presentarsi o telefonare per fissare un colloquio. Presso i consultori è possibile avere consulenza psicologica su varie problematiche (relazioni, genitorialità, momenti di crisi personale) con professionisti qualificati, senza dover passare dal medico di base. Anche l’Azienda Sanitaria provinciale (APSS) offre tramite l’Unità di Psicologia percorsi di supporto per diverse fasce d’età, e diversi comuni organizzano periodicamente sportelli d’ascolto gratuiti. Informatevi sul sito della vostra Azienda Sanitaria Locale o presso il vostro comune per conoscere i servizi attivi vicino a voi.
  • Linee telefoniche di aiuto e chat online: un primo approccio può essere parlare in forma anonima con volontari o psicologi tramite i numeri verdi e le chat di supporto. Ad esempio, la Croce Rossa Italiana ha attivato un servizio di supporto psicologico telefonico gratuito: risponde al numero di pubblica utilità 1520, dal lunedì al sabato (8-20), ed è rivolto a chiunque abbia più di 18 anni (Supporto psicologico – Croce Rossa Italiana). Il team di psicologi CRI offre ascolto e sostegno su difficoltà legate all’ansia, allo stress, ai problemi relazionali, ai lutti e altre situazioni delicate (Supporto psicologico – Croce Rossa Italiana). Anche l’associazione Telefono Amico Italia (numero 0223272327) opera 365 giorni all’anno per ascoltare chi si sente solo, scoraggiato o in crisi. Per i giovani c’è il servizio Youngle (supporto via chat sui social) e per le donne Mama Chat (sportello online gratuito). Queste linee d’aiuto offrono un primo contatto immediato, utile quando magari non si sa con chi parlare nell’immediato: una voce amica all’altro capo può davvero fare la differenza, anche solo per sfogarsi. Spesso poi gli operatori possono indirizzare verso strutture e professionisti per un aiuto più continuativo.
  • Bonus psicologo e sostegno economico: uno dei deterrenti nel cercare aiuto è stato a lungo il costo delle terapie private. Di fronte a questa barriera, lo Stato ha introdotto il cosiddetto Bonus Psicologo, un contributo economico fino a 600€ per coprire sedute di psicoterapia presso specialisti regolarmente iscritti all’albo.
  • L’iniziativa ha avuto un successo enorme: sono arrivate circa 300.000 domande al Ministero della Salute, di cui oltre il 40% da giovani tra 18 e 35 anni (Home – Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale). Segno che il bisogno era concreto e diffuso. Il bonus – rinnovato anche per il 2024/2025 – viene assegnato in base all’ISEE e mira proprio ad aiutare chi altrimenti non potrebbe permettersi un percorso terapeutico. Molti che ne hanno usufruito erano alla prima esperienza dallo psicologo e, come visto, ne hanno tratto notevoli benefici. Anche alcune regioni si stanno muovendo: ad esempio in Lombardia è stata avviata la figura dello psicologo di base (gratuito, accessibile come il medico di famiglia) (Disagio mentale in crescita: torna “Sto bene, grazie”, l’iniziativa per capire chi è in difficoltà ), e altre potrebbero seguire. Informatevi sui bandi e le iniziative attive: chiedere aiuto deve essere un diritto di tutti, non un lusso per pochi.
  • Associazioni e gruppi di auto mutuo aiuto: sul territorio nazionale e locale esistono tante associazioni no-profit impegnate nella salute mentale. Ad esempio, Progetto Itaca, presente in varie città italiane, offre gratuitamente gruppi di supporto tra pari, programmi di reinserimento sociale per persone con disturbi psichici e incontri di sensibilizzazione aperti alla cittadinanza. Ci sono gruppi di auto mutuo aiuto per affrontare insieme tematiche come il lutto (es. associazioni per il supporto ai familiari in lutto), la dipendenza, i disturbi alimentari, ecc. Queste realtà permettono di incontrare altre persone che hanno vissuto esperienze simili – “peer support” – e di supportarsi reciprocamente, spesso con la presenza di facilitatori esperti. Sapere che qualcun altro ha attraversato la mia stessa tempesta e ne sta uscendo è potentissimo. Vale quindi la pena cercare nella propria zona (consultando i siti web comunali, dei servizi sociali o semplicemente facendo una ricerca online) se esistono gruppi o associazioni che si occupano del vostro specifico problema. Troverete porte aperte e braccia pronte ad accogliervi.
  • Counseling scolastico e aziendale: se siete studenti o lavorate in una realtà medio-grande, potreste avere accesso a servizi di counseling in sede. Molte scuole superiori e università (tra cui l’Università di Trento) offrono uno sportello di consulenza psicologica gratuito per gli studenti, utile per gestire ansia da esami, difficoltà di studio, problemi personali che interferiscono con la vita accademica (Consulenza psicologica | Università degli Studi di Trento – UniTrento). Anche diverse aziende oggi attivano programmi di Employee Assistance o convenzioni per supporto psicologico ai dipendenti, riconoscendo che lavorare sereni migliora la produttività e riduce l’assenteismo. Informatevi presso la vostra scuola o ufficio HR: a volte l’aiuto è più a portata di mano di quanto crediate.

In tutti questi casi, il messaggio è chiaro: non c’è nulla di male nel chiedere aiuto, anzi è un atto di cura verso sé stessi. Le risorse esistono e sono più accessibili di ieri. Il primo passo – il più importante – è decidere di utilizzarle. Che sia componendo un numero di telefono, prenotando un colloquio o anche solo confidandosi con una persona fidata, ogni gesto in questa direzione apre uno spiraglio di luce. Come ci ricorda la Croce Rossa, “sappi che non sei solo” (Supporto psicologico – Croce Rossa Italiana): c’è sempre qualcuno pronto ad ascoltarti e tenderti una mano.

Verso una nuova cultura della fragilità condivisa

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un cambiamento culturale significativo: si parla sempre più apertamente di salute mentale, di vulnerabilità, di emozioni autentiche. Campagne di sensibilizzazione e testimonianze pubbliche contribuiscono a scardinare i vecchi tabù. Basti pensare alla recente iniziativa “Sto bene, grazie” tenutasi a Roma, dove una speciale installazione immersiva in forma di scatola nera ha permesso ai visitatori di immedesimarsi nelle sensazioni di chi soffre di depressione, con l’obiettivo dichiarato di superare stigma e pregiudizi (Disagio mentale in crescita: torna “Sto bene, grazie”, l’iniziativa per capire chi è in difficoltà ) (Disagio mentale in crescita: torna “Sto bene, grazie”, l’iniziativa per capire chi è in difficoltà ). Oppure alla campagna “Shades of You” lanciata anche sui social, che invita le persone a esplorare e riconoscere tutta la gamma delle proprie emozioni, dalle più luminose alle più “scure”. Segnali come questi indicano che la vulnerabilità sta uscendo dall’ombra: sempre più persone comprendono che parlarne non è motivo di imbarazzo, ma di crescita.

Anche le storie di rinascita dopo momenti bui trovano oggi spazio nei media, offrendo speranza a chi legge. Dai racconti di giovani che dopo aver chiesto aiuto hanno superato la depressione e ora sensibilizzano i coetanei, alle interviste a personaggi noti (atleti, attori, artisti) che con coraggio ammettono “Anch’io sono andato dallo psicologo e mi ha cambiato la vita”. Ogni testimonianza di questo tipo contribuisce a normalizzare la fragilità umana: mostra che il dolore emotivo non risparmia nessuno, nemmeno le persone all’apparenza di successo, e soprattutto che dal dolore si può uscire più forti di prima se si ha il coraggio di affrontarlo. Come ha scritto Chiara Cattaneo, una ragazza che ha raccontato la sua depressione: “dal disagio emotivo si può guarire” (Storia della mia rinascita – Sarei potuta impazzire – Mad in Italy). La sua storia – e quella di tanti altri – insegna che non importa quanto in basso ci si senta caduti, c’è sempre una via di risalita.

In Trentino, terra di comunità solide e di tradizioni di mutuo aiuto, questo cambiamento culturale assume un valore speciale. Qui il senso di riservatezza e fierezza a volte ha reso difficile “far vedere” le proprie crepe interiori, ma lentamente la consapevolezza che chiedere aiuto è un segno di forza, non di debolezza si sta facendo strada. Sempre più eventi locali dedicati al benessere psicologico – incontri pubblici, serate con esperti, persino camminate in montagna abbinate a momenti di condivisione emotiva – mostrano che la comunità vuole essere parte della soluzione. Trentino da Vivere stessa, nel proporre riflessioni come questa, dimostra la volontà di parlare di questi temi in modo aperto e senza stigma.

Il coraggio di fiorire di nuovo

In conclusione, superare la paura di chiedere aiuto è un po’ come attraversare un ponte traballante: fa paura, richiede passo dopo passo di vincere le vertigini, ma dall’altra parte c’è un panorama di possibilità nuove. Significa concedersi la chance di stare meglio, di conoscersi di più e di costruire relazioni più autentiche. Significa anche dare il buon esempio agli altri: ogni volta che qualcuno dice “Ho bisogno di aiuto” ad alta voce, illumina la strada per molti che magari aspettavano solo di sapere di non essere soli in quello stato d’animo.

Se vi sentite smarriti, sopraffatti o semplicemente curiosi di esplorare meglio la vostra interiorità, provate a fare quel passo. Può voler dire chiamare un amico e dirgli ciò che provate realmente, prendere in mano la penna e scrivere senza censura, o contattare uno dei servizi di supporto di cui abbiamo parlato. Ogni piccolo gesto in questa direzione è un atto di coraggio e di amore verso voi stessi. La vulnerabilità condivisa genera forza: quando aprite uno spiraglio, entra luce e spesso anche l’abbraccio di qualcuno che aspettava solo un vostro segnale per aiutarvi.

Ricordiamoci che nessuno di noi è un’isola. Siamo tutti, prima o poi, naviganti in acque tempestose che hanno bisogno di un faro. Chiedere aiuto non è affondare: è lanciare un segnale perché quel faro ci guidi a riva. E una volta raggiunta la terraferma, potremo a nostra volta accendere la luce per qualcun altro. In questo modo, trasformiamo le nostre fragilità in una catena di solidarietà umana. Aprirsi, parlare, condividere persino le paure più profonde significa demonizzare quelle paure, toglier loro il potere che esercitano su di noi. Significa riprendere in mano la nostra vita con nuova consapevolezza.

Non abbiate paura di tendere la mano: c’è un intero mondo – fatto di professionisti, volontari, amici e anche sconosciuti dal cuore aperto – disposto a stringerla forte per camminare insieme a voi. Chiedere aiuto oggi può voler dire rinascere domani, e scoprire che dalla sofferenza può sbocciare una versione di voi più autentica, resiliente e serena. In questo viaggio non c’è vergogna, c’è solo umanità. E la consapevolezza che nessuno dovrebbe mai sentirsi sbagliato per aver bisogno di un abbraccio, di una parola, di un aiuto.

Insieme, facendo ciascuno la propria parte – chiedendo aiuto quando serve e offrendo aiuto quando possiamo – costruiamo una comunità più empatica, dove la paura di mostrarsi fragili pian piano svanisce, lasciando spazio alla bellezza di sentirsi tutti, finalmente, un po’ più forti insieme. (Why Vulnerability Is So Important in Therapy – Heading Health) (Why Vulnerability Is So Important in Therapy – Heading Health)

 

Ricerca e supporto fonti e credits: AI – Chat GPT research

Info autore /

Il team dinamico della redazione di tdv ti saluta! Entra anche tu a far parte del mondo tdv e del nostro nutrito gruppo di autori su tutto il territorio trentino. Ti aspettiamo!

Translate »