CHIESA DI SAN FLORIANO IN VAL DI CEMBRA

A pochi chilometri da Trento si snoda la Val di Cembra, conosciuta per i suoi vini, la suggestione del Carnevale della Valfloriana, Grauno e per aver dato i natali a Francesco Moser, e per le piramidi di Segonzano.

Eppure in Val di Cembra salendo alla Chiesa di San Floriano si scopre un panorama che spazia a 360 gradi sulle cime delle Dolomiti e del Lagorai.

Ma la Val di Cembra è molto di più.

Con le sue due strade a curve a tornanti, tanto amate dai motociclisti, che sui due versanti scavati dall’Avisio, portano nella Val di Fiemme e di lì in Val di Fassa, la Val di Cembra racconta di grande fatica e un passato di duro lavoro nella terra aspra e ripida delle coste dell’Avisio e nelle cave di porfido. Un passato che oggi è in controtendenza con le tante attività vitivinicole di grande prestigio e il ritorno delle giovani generazioni alla terra.

Tuttavia la Valle di Cembra nasconde piccoli tesori tutti da scoprire.

Uno fra questi la Chiesa di San Floriano che si trova a Valternigo di Giovo. Una testimonianza storica di grande interesse che ci racconta di come la Val di Cembra sia stata abitata in fase preistorica su cui si sono poi susseguiti insediamenti da prima pagani e infine cristiani. E proprio questa è la storia di tale chiesa che è visibile su quel promontorio, soprattutto salendo da Gardolo, Meano ad Albiano. Tale posizione poi la rende un ottimo punto panoramico che spazia sulle cime che dal Lagorai fino alle Dolomiti di Fiemme e Fassa con il Bondone, la Paganella e il Brenta ruotando a 360 gradi.

Ebbene la Chiesa di San Floriano si raggiunge da Faedo proseguendo per Maseri e poi Giovo. Oppure arrivando a Giovo salendo da Lavis.  Qui si devierà per Valternigo e si lascerà la macchina al parcheggio, in quanto per raggiungere la chiesa si dovrà proseguire a piedi in una salita di circa 5 minuti.

Una volta raggiunto il sito ci si trova al cospetto della chiesetta in stile gotico con il maestoso campanile in pietra. Accanto alla chiesa c’è una legenda che illustra la storia del sito in cui si legge che la chiesa è stata costruita sopra un sito pagano. In loco sono state trovate le famose coppelle, fori scavati nelle pietre, anche presenti in numerose parti del mondo in siti antichi e testimonianza della presenza di un castelliere preistorico. Come spesso accade su tale sito si sono poi insediati i romani. La facciata della chiesa orientata ad est, presenta una porta con una finestrella laterale. Benché affrescata, la chiesa solitamente è chiusa al pubblico.

Infine sotto l’attuale pavimentazione sono stati rinvenuti tratti di mura medievali, che indicano come il sito abbia avuto una costante presenza umana nel tempo.

 

Intitolata a San Floriano, protettore degli incendi e delle alluvioni, la chiesa, come racconta la leggenda, sarebbe stata eretta da S Vigilio in pellegrinaggio per portare il Cristianesimo alle genti trentine. Narra infatti la leggenda che S.Vigilio in pellegrinaggio arrivasse a Valternigo e salisse al promontorio ove ora sorge la chiesa. Qui era radunato un gruppo di pagani intenti nei loro riti. Alla vista di ciò S.Vigilio si sarebbe infuriato e avrebbe fatto crollare con la sola forza delle sue mani un idolo di pietra. Alla vista di tale forza della fede del Santo, i pagani si sarebbero convertiti e di lì sarebbe stata eretta la chiesa. E, di conseguenza, si sarebbe abbandonato il paganesimo per abbracciare la fede cristiana portata dal Santo.

Tutt’oggi salendo alla Chiesa di San Floriano, magari all’imbrunire o all’alba si respira questo incontro e scontro di culture che hanno abitato il posto. Leggenda o meno, sicuramente il promontorio è stato abitato sin dalla notte dei tempi, in quanto appunto offre uno sguardo panoramico sulla Valle di Cembra, e poi appunto una suggestiva visuale a 360 gradi come si diceva. Proprio per questa sua posizione panoramica dalla Chiesa di San Floriano nella storia si è costituito quel punto di vedetta soprattutto per avvertire in caso di incendi in valle. Forse proprio per questo l’intitolazione a San Floriano. La campana del 1664 era infatti tradizionalmente suonata quale segnale di calamità naturali.

La Chiesa inoltre si trova su un facile giro ad anello che si snoda fra le pinete della dorsale del Mancabrot e permette di raggiungere il Lac de Montesel, piccola affascinante zona umida localizzata a 812 m , si scende poi fino al Pian del Lac, per poi rientrare a Valternigo.

Qualora poi si volesse concludere in bellezza la gita si consiglia anche la visita a Castel Giovo,  che di trova nell’attiguo borgo di Ville di Giovo.

Sebbene oggi sia rimasta solo la torre, il castello ha rivestito un importante ruolo strategico in passato. Le prime testimonianze del maniero risalgono al XIII secolo. La posizione scelta per la sua costruzione, sulla via che collega la Valle dell’Adige con la Valsugana attraverso la Val di Cembra, ne indica la funzione, che fu quella del controllo delle miniere locali e dei traffici commerciali.

Nel XV secolo attorno alle torri di guardia al tempo esistenti era presente una cinta fortificata e lo spazio interno comprendeva un giardino, un pozzo, edifici di servizio e il palazzo per i signori. Mentre nel XVII secolo divenne residenza nobiliare e perse gran parte delle funzioni militari, passando  a diversi proprietari come gli A Prato, gli Spaur e i Prugger. Quest’ultima famiglia, originaria di Termeno, ne perse il controllo durante il periodo dell’invasione napoleonica, e il castello in quegli anni divenne una caserma, subì enormi danni e cadde in rovina.

Il castello infatti nel tempo fu residenza dei signori di Giovo, legati ai conti di Appiano e divenne poi proprietà dei conti del Tirolo, della famiglia Moremberg di Sarnonico e di altre nobili casate.

C’è una leggenda che aleggia attorno a questo castello. Uno dei nomi di questo maniero  è Castello della Rosa. Ed infatti la Rosa è presente nello stemma della muratura forse a ricordo di una nobildonna che portava questo nome. Si racconta che tutt’oggi nelle notti di luna piena è possibile scorgere una nobildonna bionda con un lungo e leggero abito bianco che si aggira attorno alla torre del castello e che tenta invano di trovare l’accesso all’antica cappella scomparsa del castello.

Non solo: c’è pure una ulteriore leggenda che avvolge il ricordo di questo castello. Pare infatti che durante alcuni scavi attorno alla torre del castello vennero ritrovati svariati scheletri che ispirarono leggende di atroci torture inflitte ai condannati, nonché della tremenda sorte destinata a donne che si sottraevano alle voglie dei signorotti locali che sarebbero state murate vive. Ma tali leggende sono relativamente recenti e frutto della suggestione popolare.

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