SUPACELL I SUPEREROI PER CASO NETFLIX
Al primo posto della top ten di Netflix, Supacell è il mini telefilm per chi ama gli eroi Marvel e affini, ma in salsa gente comune. Superpoteri sì, ma supereroi no, o per lo meno non ancora.
Ma andiamo per gradi per analizzare il fenomeno Supacell.
Supacell è il nuovo telefilm, in 6 puntate, pubblicato or ora su Netflix, creata dal britannico di colore Rapman, al secolo Andrew Onwubolo, rapper, produttore musicale e attore. In due parole e senza spoiler, la storia tratta di cinque ragazzi comuni della periferia di Londra o meglio Londra sud, le cui vite si intrecciano e alla fine si uniscono per un fattore che li accomuna, ossia il fatto di aver siluppato in modo improvviso e fortuito dei superpoteri.
Per chi ama appunto gli eroi Marvel, per chi si lascia intrigare dal mistero, per chi non disdegna quel sottofondo sociale del film che segue le vicende delle periferie, ha trovato il telefilm giusto.
Spoiler, attenzione da qui spoiler.
Detto questo ed entrando nel merito Supacell ha tutta una serie di ingenuità, ma tuttavia un filo conduttore che ti incolla allo schermo perchè comunque vuoi proprio vedere come va a finire. Tra il genere di intrigo internazionale, governo ombra, esperimenti segreti, organizzazioni dai superpoteri e proletariato al limite della povertà e criminalità, benchè proposto bello e pulito ed in fondo non così disperato, il telefilm ha degli spunti interessanti ma anche alcune zone d’ombra su cui riflettere.
Tanto per incominciare tutta la vicenda di Supacell ruota attorno alla comunità di colore. Registicamente scelta come comunità in cui si verifica appunto l’esplosione di casi di sparizioni improvvise ma anche di sviluppo di superpoteri. Una comunità trattata con tutti i clichè del caso, per cui bande di criminalità che si contendono il commercio della droga a suon di atti di forza, minacce e violenza.
Donne trattate da oggetti, a parte chi si emancipa e quindi accede ad uno stile di vita più alto. Precarietà del lavoro e lavori di fortuna, a parte chi appunto apre una sua attività ma non certo nelle strade della criminalità. Insomma il sociale abbozzato serve da sottofondo e colore ma viene esposto per clichè che sanno molto di copertina patinata e superficiale.
Tutta la storia ruota attorno ai 5 protagonisti, tutti accumunati dall’esplosione di poteri da supereroi con cui fare i conti. Ognuno chiuso nel proprio mondo pur trovandosi all’improvviso dotato di superpoteri si adatta alla nuova condizione rimanendo ancorato al proprio piccolo, e a volte misero, mondo. Per il teppistello di turno l’ambizione pià grande è quella di sopraffare le bande rivali e diventare il capetto di turno di tutto il territorio. Questo per inquadrare la pochezza dell’animo umano che pur venendo in contatto con una qualcosa di eccezionale non si pone domande o guarda alto, ma si accontenta di aggiustarsi il proprio piccolo mondo.
L’unico che forse emerge in Supacell da questa pochezza è il protagonista che tira le fila di tutta la storia. Un fattorino che in un balzo nel futuro viene ammonito dal suo se stesso futuro a riunire il gruppo come unico mezzo per contrastare gli incappucciati, un insieme di persone dal volto coperto che balza attraverso porte ultradimensionali per rapirli e rendere inoffensivi. Non solo nel futuro apprende della prossima morte dell’amore della sua vita a cui vuole dichiararsi e che ha la possibilità di salvare.
Ecco che componendo le tessere del puzzle abbiamo un fattorino con fidanzata da salvare, una infermiera con sorella nelle grinfie di un delinquente prima e rapita dopo, un capetto di una banda di criminalità giovanile abbandonato dalla madre e cresciuto dalla nonna che è in bilico fra bontà e violenza e decide di allargare grazie ai suoi poteri il raggio di azione della banda. Infine c’è un piccolo spacciatore che però grazie ai superpoteri si fa notare dai criminali e mette in pericolo il suo amico socio che è un esperto di supereroi dei fumetti e Marvel. E per ultimo abbiamo un uomo fatto che lotta per rigare dritto, uscito di galera, per poter stare con il figlio, ma a cui la vita continua a presentare il conto di un errore di gioventù in cui è stato incastrato.
Attorno a tutto questo ruota la misteriosa sparizione di persone di colore e una strana organizzazione che pare governativa che controlla grazie alle telecamere ogni angolo della città. Una organizzazione che reclude gli scomparsi, che utilizza programmi di riconoscimento facciale, che opera al di sopra della legge e che , si scopre, recluta persone con poteri per rapire altri con poteri in cambio di qualche privilegio concesso sotto ricatto.
Infine tratto distintivo dei supereroi per caso non è solo l’appartenenza al ceppo di colore, ma sopratutto la genetica. Ed ecco il tema caldo del momento su cui tanta filmografia batte il ferro finchè è caldo. Nel telefilm il fattore scatenante dei superpoteri è appunto il sickle – cell disease. Ossia il termine inglese con cui si traduce anemia falciforme. Da cui la crasi in Supacell del titolo. Proposta come colpo di scena tuttavia lo spettatore sgamato capisce dalla prima puntata che il legame scatenante è voluto far intendere da questo tratto genetico. Altrimenti non si capirebbe i continui rimandi alla malattia, sia con la madre del protagonista colpita dal male, sia i tanti riferimenti da parte di un po’ tutti i personaggi. Nemmeno fosse una epidemia di anemia falciforme, che invece nella realtà è più rara e sicuramente non produce superpoteri.
Ma perchè ricorrere a questo colpo di teatro? perchè i tempi vogliono che si instilli nello spettatore la famigliarità con la genetica che manipolata regala superpoteri. Essere supereroi è una condizione da ambire perchè ti permette di realizzare cose che altrimenti non avresti, come scassinare un bancomat indisturbato. Figuriamoci se sia possibile farla franca con tutte le telecamere a disposizione!.
Se però ci metti l’organizzazione governativa e non, segreta e dai pieni poteri, allora tutto è finalizzato ad uso e consumo di ricerca e sfruttamento. Insomma il nemico da sconfiggere, perchè invece di collaborare con i supereroi, li segrega, tortura, sfrutta e uccide se necessario.
Orbene. Il gruppo si compone, ciascuno spinto da una motivazione propria. Ma il destino è destino per cui a volte non lo puoi proprio cambiare e il nemico è più aguerrito che mai.
Non resta che rimanere in attesa di un sequel di Supacell quindi per vedere se gli sprovveduti supereroi per caso crescono e se qualcosa di buono lo fanno. Ma vista l’ingenuità fin qui, il timore è che quel pizzico di originalità della prima miniserie possa essere rimpiazzata da un proseguo scontato e già visto.