THE 100 METAFORA DELL’UMANITA’ LA RECENSIONE

Qualora si decida di imbarcarsi nell’avventura di guardare i The 100, è bene saper che ci vuole una certa dose di caparbietà per arrivare all’epilogo .

La serie televisiva statunitense infatti è ancora disponibile su Netflix, in ben 7 stagioni, per un totale di un centinaio di episodi. Può piacere o non piacere. Ma nel momento in cui si decide di arrivare alla fine delle avventure di questo manipolo di ragazzi che si lega al destino del genere umano, se ne può evincere una inedita chiave di lettura sul destino dell’umanità.

Facciamo un passo indietro e partiamo dall’inizio. La serie ideata da Jason Rothenberg, si ispira all’omonima serie di romanzi di Kass Morgan. Benchè prende una piega del tutto nuova già dalle prime scene.

In poche righe: la serie si ambienta in un ipotetico futuro, il 2149, a 97 anni di distanza da una ecatombe nucleare che ha reso la vita sulla terra presumibilmente impossibile. Di conseguenza la premessa è che l’umanità pare essersi salvata solo nello spazio, sull’Arca, ossia il complesso orbitale in cui sono convolate tutte le stazioni in orbita attorno alla Terra al momento del disastro. Per ragioni di sopravvivenza le regole sono ferree e ogni infrazione viene punita con la morte per espulsione. Solo i minorenni vengono risparmiati ma rinchiusi in celle di isolamento.

Da questa premessa si sviluppa il telefilm. L’Arca è in pericolo perchè i viveri scarseggiano e iniziano ad esserci problemi tecnici. Quindi si decide di inviare sulla terra 100 ragazzi, appunto i The 100, che erano stati giudicati problematici o avevano commesso infrazioni. Muniti di un radiocollare con cui essere monitorati, il loro compito è quello di fare da avanposto e testare quanto sia invivibile ancora la Terra.

La navicella improvvisata si schianta al suolo in America, ovviamente, in una foresta. Non tutti sopravvivono. L’eroina della saga è Clarke, figlia dei leader dell’Arca, con il vizio di essere ribelle e tosta. Fra i protagonisti Bellamy, la sorella Octavia, Jusper, John Murphy e gli altri.

Dopo il primo assestamento di leaderhip, i The 100 scoprono di non essere soli sulla Terra. A quanto pare infatti ci sono dei superstiti che convivono con le radiazioni, tribà assai cruente e feroci che ovviamente non vedono di buon occhio questi nuovi intrusi. Inizia dunque una lotta di supremazia del territorio. Nel frattempo l’Arca è ormai allo stremo e solo un manipolo di persone riesce ad imbarcarsi per scendere sulla terra, atterrando in parti differenti dell’America.

Da questa prima stagione si apprende che, qualora succedesse un Armageddon sulla Terra i sopravvissuti ripartirebbero dalle clave e sarebbero feroci. Nei telefilm anche se morenti, qualora l’eroina di turno ti operasse senza anestesia con un coltellaccio, sopravviveresti pure in assenza si igiene e antibiotico. Sulle stazioni spaziali la vita è a termine perchè anche l’ingienieria quando finisce i pezzi non ha materie prime con cui rattoppare i danni.

A questo punto le avventure dei sopravvissuti si intrecciano e si fanno davvero, ma davvero incasinate. Ognuno dei protagonisti evolve nella peggior versione di se e poi nella migliore, in una altalena infinita. Clarke, ormai eletta a leader ovunque vada, sceglie sempre di distruggere tutto ciò che trova convinta di non aver mai altra scelta pur di sopravvivere e salvare i suoi amici, ma a volte sacrificando pure loro.

Vabbè molto velocemente la saga prosegue con i nostri che arrivano a Mount Weather, un bunker in una montagna dove si sono rifugiati in una comunità alcuni terrestri. Purtroppo qui i nostri scoprono che sia loro che i selvaggi sopravvissuti all’esterno sono prede da spolpare per procurarsi dal midollo osseo le sostanze con cui creare antidoti ai danni da radiazioni di cui i rifugiati del bunker sono vittime, non avendo sviluppato un adattamento genetico. La soluzione finale di Clarke per salvare il suo gruppo è quella di far prenetare nel bunker l’aria contaminata e farne morire tutti gli abitanti.

Quindi dalla seconda stagione si evince che culture troppo differenti non possono allearsi, Clarke infatti verrà abbandonata dall’alleanza stretta con le tribù terrestri, che salvati i propri, la lasciano al suo destino. Inoltre l’altra intuizione è che isolarsi in bunker porta al pericolo di non poterne mai uscire. Sull’Arca infatti l’umanità si è adeguata alle radiazioni cosmiche e quindi il tasso di radiazione terrestre non ha effetti sulla salute. Ma per il popolo del bunker è tutta un’altra storia.

A questo punto Clarke si riabilita intrecciando una alleanza con le tribù terrestri. Tuttavia dall’Arca si sono creati vari accampamenti fra cui anche uno agricolo i cui leader non sono pacifici e metteno a rischio l’alleanza. Nel frattempo Clarke fa luce sull’innesco del conflitto nucleare entrando in contatto con l’Intelligenza Artificiale ALIE. Giunti infatti al cospetto di tale IA si scopre che è stata proprio lei a innescare l’Armageddon nucleare, soluzione individuata al sovraffollamento terrestre. Da un lato quindi abbiamo Becca, la scienziata creatrice di ALIE e dall’altro invece c’è ALIE che prende il potere e si libera dell’umanità, intesa come problema della Terra.

Questa rivalità si esapera nel momento in cui ALIE replica dei microchip da impiantare forzatamente a tutti in modo da sopraffare l’umanità, sottometterla e farla vivere in una sorta di realtà virtuale. Si scopre anche che Becca aveva sintetizzato una sorta di antidoto alle radiazioni, il sangue nero, divenendo il primo Comandante dei sopravvissuti e impiantando un chip da tramandare in forma di rito sacro ai futuri comandanti scelti fra i più forti che avrebbero mantenuto il ricordo di ciascuna vita pregressa di tutti i comandanti.

Vistasi scoperta ALIE innesca un ulteriore Armageddon. I sopravvissuti anche a quest’ultima avventura si chiudono in un bunker mentre uno sparuto gruppo fra cui Bellamy e amici tornano nello spazio, in attesa di poter tornare. Clarke sopravvive iniettandosi il sangue nero e sopravvive adottando una bambina pure lei dotata di sangue nero.

Lezione della Stagione 3 e 4 è quindi che l’Intelligenza Artificiale finirà con il tentare di cancellare o soggiogare in modo totale l’umanità. E che la scienza, chissà perchè, da sempre il peggio di se, venendo impiegata sempre e solo per bramosia di potere, controllo e dominio.

A questo punto la stagione 5 vede il ritorno sulla terra del gruppo di amici con il ricongiungimento con Clarke e la ragazzina adottata che diventerà l’erede della fiamma, ossia il nuovo capo. Si apre il bunker da cui escono i sopravvissuti, imbruttiti da 6 anni di convivenza feroce e regolata da violenza e sacrificio. Infine atterra una navicella prigione da cui escono i progionieri ibernati come punizione. Ne nasce un enorme guazzabuglio con una incombente ulteriore Armagheddon. Si salveranno solo i nostri con un gruppo allargato e misto che decidono di entrare in orbita con la navicella prigione aprofittando dell’ibernazione in attesa che ancora una volta le radiazioni si attenuino.

Ed anche qui si evince che l’uomo alla fine da sempre il peggio di se. Invece di unirsi e costruire qualcosa di positivo, lotta per sopraffare gli altri arrivando all’autodistruzione. Inoltre l’uomo da il peggio di se arrivando all’imbruttimento totale messo in situazione di stretta convivenza.

Arrivando all’epilogo, Clarke e i suoi vengono risvegliati giungendo su un nuovo pianeta. Ad aggiornarli è il figlio di una coppia di loro amici, che ha deciso di cercare nella galassia un pianeta abitabile, data per spacciata la terra e che ha scelto di vivere la propria vita portando gli amici in salvo e affidando il compito al figlio nato nello spazio.

Ovviamente di scientifico non c’è molto, ma è un telefilm. E quindi ci va bene che due sopravvivano non si sa bene come per una vita su una navicella e non solo mettano al mondo ma crescano pure un figlio nello spazio. Non parliamo poi di come costui atterri su un pianeta perfettamente adattato alla gravità…. ma che importa. Ma: è un film.

Ed eccoci su un altro pianeta che, chissà perchè, come sempre ci illude di essere il paradiso ma poi si trasforma nell’inferno. La spiegazione è assai semplice: gli abitanti sono ovviamente coloni terrestri. O meglio, loro discendenti.

Orbene pure qui abbiamo la solita lotta di classe con l’istituzione di un credo che perpetua il potere di un ristretto gruppo di eletti. Si scopre quindi che la città è governata dai primi fondatori. O meglio dai chip dei download delle menti di costoro. Fra i cittadini infatti vengono prescelti coloro che hanno il sangue nero che permette l’impianto dei chip così da far rivivere in eterno i padri fondatori dell’Insediamento.

Insomma quello a cui aspira una elite pure oggi, di sopravvivire alla morte grazie al download del cervello da riversare un domani in un nuovo corpo.

In questo scenario ovviamente i The 100 portano scompiglio e come sempre distruggono tutto. Ma anche questa società stava già scricchiolando. Fuori dai confini presidiati con campi di forza, ci sono i ribelli che vorrebbero semplicemente riportare la libertà alle persone. Seguire le regole di natura, nascere, vivere  e morire. Tuttavia si scopre che fuori dai confini esiste una anomalia e questa in realtà di scopre che è una porta spazio temporale che conduce su un altro luogo e di lì in un ennesimo ulteriore luogo.

Inizia quindi il gran finale ossia la ricerca dell’Ascensione. Il miraggio di un luogo non luogo e un tempo non tempo di pace e serenetà.

Ed anche qui torna in auge Becca, la scienziata che ha creato l’Intelligenza Artificiale, i chip che poi sono anche la fiamma, e che ha guidato anche questi ultimi umani alle porte di tale Ascensione. Gli abitanti di questo pianeta infatti vi sono arrivati grazie alle ricerche della scienziata che aveva attivato un portale spazio temporale, casualmente (?) trovato proprio sotto il bunker dove si erano rifugiati. A volte il caso! verrebbe da dire!

Ed ecco che Clarke, sempre lei, decide di essere l’eletta che deve salvare tutti e si presenta all’essere Superiore. Una razza che arbitrariamente decide le sorti di tutte le razze dell’universo. I degni ascendono. Gli indegni invece vengono congelati per l’eternità.

L’umanità sembra destinata all’annientamento, anche perchè di fronte alla possibilità di evolvere come sempre trova come soluzione quella di farsi la guerra. Ma qui è Octavia che dopo essere scesa nella parte più oscura e violenta dell’Inferno e poi essere faticosamente risalita tanto da redimersi, scongiura l’ennesima battaglia e procura l’ascensione ai superstiti dell’umanità.

Solo Clarke non risulta degna.  Così i suoi amici rinunciano pure loro per vivere accanto a lei in questa oasi di pace oramai priva di altri umani.

Orbene, i The 100 è ovviamente un telefilm, e quindi ci stanno tutte le storture del caso, tipo sopravvivere all’apocalisse atomica, trovarsi in fin di vita ed essere operati in condizioni disperate con mezzi di fortuna e senza igiene, eppure tornare in forma più forti di prima. Tanto per citarne alcune.

Poi ci sono i colpi di scena con portali spazio temporali casualmente proprio sotto i bunker che portano in pianeti lontani nella galassia ma ad un passo dalle creature che giudicano le altre razze. E ovviamente il fatto che, i nostri eroi, bene o male sopravvivono tutti a di tutto. Quindi, tralasciando tutto questo rimane quello che potrebbe apparire un telefilm per ragazzi di avventura, oppure l’occasione per trarne una morale.

Insomma, sebbene molto sdolcinato per certi versi, il The 100 sembra ripercorrere la storia dell’umanità, che di fronte ad ogni Armageddon riparte da zero, ma sempre al peggio. Ed anche quando possiede la tecnologia, la usa sempre a sfavore della comunità.

Vita dopo vita alla fine l’umanità si dibatte sempre fra bene e male nella dualità che è l’unico modo che consente all’uomo di fare esperienza, di avere il libero arbitrio e di evolvere. Benchè i The 100 insegna che alla fine vita dopo vita ripete sempre i soliti clichè e commette sempre gli stessi errori. Ecco che viene in aiuto la teoria della reincarnazione. Dimenticare le vite anteriori permette di ricominciare con nuove prospettive e sopratutto vestire nuovi panni pone di fronte a nuove sfide.

Infine l’ascensione, ossia l’eden, non può che essere in una nuova forma e dimensione. La cristallizzazione ingabbia l’omo che alla fine non ha senso di esistere. Ecco perchè non potrebbe che avvenire in una sorta di incorporeità e di sicuro non attraverso artifici elettronici o informatici.

Che sia voluto o no, i The 100 sono davvero una metafora della storia dell’uomo, con i reset storici che il mondo ha vissuto, e quella ricerca di un posto non posto e luogo non luogo dove ascendere in una forma non corporea. Che poi è l’afflato dell’anima che sente il richiamo di casa.

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