IL PIAGNISTEO ITALIANO, I DAZI DI TRUMP: #EDITORIALE DI DANIEL CERAMI

Il piagnisteo italiano, i dazi di Trump e il vino (e le scarpe) che restano in cantina

di Daniel Cerami

Trump lo aveva detto. Lo ha ripetuto. E alla fine, lo ha fatto. Dazi del 20% sui vini europei. Ma non solo: colpiti anche scarpe, macchinari, formaggi, arredi. Una raffica di tariffe che si abbatte come un bulldozer sull’export italiano. E noi, come al solito? Fermi. A piangere.

In Italia – e ancor più in Trentino – abbiamo esportato vino a fiumi. Lo abbiamo fatto a caro prezzo, senza pudore!  Alcune cantine trentine hanno lucrato alla grande, vendendo bottiglie di Prosecco sotto falso nome o a marchi americani, a cifre che un trentino medio non potrebbe permettersi nemmeno se vincesse al gratta e vinci. E intanto ci raccontavamo che eravamo i campioni dell’export, i re della qualità, i portabandiera del gusto. E ora? Ora si fa finta di niente, si tace o si mugugna in salotto.

Abbiamo costruito un impero, lo abbiamo imbellettato con storytelling di design, muretti a secco e parole francesi, e ora che qualcuno ci dice “vi faccio pagare pegno”, cadiamo dal pero.

L’Italia non ha fatto nulla. Zero. Né ieri, né oggi.

Non ha contrattato. Non ha minacciato ritorsioni. Non ha offerto alternative. Non ha nemmeno messo in campo un piano per ribilanciare l’export verso mercati emergenti. Nulla. Si è limitata a dire “siamo preoccupati”. E nel frattempo, nelle cantine trentine, il vino comincia a invecchiare. Ma non nel modo giusto.

Eppure, la questione è molto più grande di qualche bottiglia. Parliamo di scarpe marchigiane, di meccanica lombarda, di pelletteria toscana. Parliamo dell’intera impalcatura del nostro export, che regge un sistema industriale già fragile. Parliamo di micro e piccole imprese che, senza accesso ai grandi mercati internazionali, rischiano di implodere.

E cosa fa l’Italia? Nulla. Sta lì. Spaventata come un bambino che ha rotto un vaso. Non un ministro che alza la voce, non un tavolo tecnico convocato con urgenza, non un piano B. Solo comunicati stampa e frasi fatte.

Nel frattempo, Trump fa il cattivo. Si prende gli insulti. Si fa odiare dagli europei e da mezza America liberal. Ma intanto che fa? Rafforza l’industria interna. Ricuce le catene del valore spezzate dalla globalizzazione. Rende di nuovo conveniente produrre negli USA.

Sta facendo esattamente ciò che dovrebbe fare un Paese che pensa prima al proprio futuro.

Lui difende la manifattura. Noi difendiamo il nostro orgoglio di esportatori fintamente di lusso, mentre dietro le etichette dorate si nasconde spesso un margine costruito su marketing, non su valore reale.

La domanda vera è: noi cosa stiamo facendo? Aspettiamo? Ci lamentiamo nei talk show? Speriamo che Bruxelles alzi la voce? (Spoiler: non lo farà.)

Speriamo ancora in Biden? O nella Provvidenza?

Nel frattempo, il vino si impolvera, le scarpe restano nei magazzini, le macchine utensili rallentano. E l’Italia resta ferma. Con le mani in tasca. E il fazzoletto pronto per asciugarsi le lacrime.

Il rischio non è solo la perdita di quote di mercato. Il rischio è la perdita dell’identità economica italiana, che da sempre ha costruito la sua forza sulla creatività, sulla manifattura, sulla capacità di trasformare l’artigianato in eccellenza.

NEL DETTAGLIO:

L’annuncio dei dazi del 20% imposti dall’amministrazione Trump sulle importazioni di vino europeo, incluso quello italiano, ha scosso l’industria vinicola italiana e trentina. Con esportazioni verso gli Stati Uniti che nel 2024 hanno superato gli 8 miliardi di euro, di cui quasi un quarto destinato al mercato americano, l’Italia si trova ora a fronteggiare una sfida significativa. FONTE ​WineNews

Il Piagnisteo Italo-Trentino

In Trentino, la preoccupazione è palpabile. I produttori locali, che hanno visto un boom delle vendite nei primi mesi del 2025, ora assistono a un calo degli ordini da parte degli importatori americani, timorosi dei nuovi dazi. Questa flessione non è solo una reazione immediata, ma riflette una tendenza preoccupante che potrebbe avere ripercussioni a lungo termine sull’economia locale. Flessione comunque iniziata già l’anno scorso.

Prezzi Proibitivi e Mercato Elitario

Non si può ignorare che il vino italiano, e in particolare quello trentino, ha spesso puntato su una fascia di mercato alta negli Stati Uniti. Molte cantine hanno venduto le loro bottiglie a prezzi elevati, rivolgendosi a una clientela benestante. Ad esempio, una cantina di Mezzocorona ha stretto accordi per distribuire in esclusiva i vini Val d’Oca negli USA, mirando a consolidare la presenza del Prosecco nel mercato americano. Questa strategia, sebbene redditizia nel breve termine, ha reso il prodotto meno accessibile al consumatore medio, limitando la base di clientela.WineNews

L’Inazione del Governo Italiano

Di fronte a queste minacce, la risposta del governo italiano è stata tiepida. Il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha espresso preoccupazione, ma ha sottolineato di non essere “terrorizzato” dai possibili dazi, confidando nella diplomazia per risolvere la questione. Tuttavia, questa fiducia appare mal riposta, considerando l’aggressività dell’attuale amministrazione americana in materia di politica commerciale. FONTE: winemag.it +1Reuters+1

Il settore vinicolo italiano, e in particolare quello trentino, si trova a un bivio. È essenziale che i produttori rivalutino le loro strategie di mercato, rendendo i loro prodotti più accessibili e diversificando i mercati di esportazione. Allo stesso tempo, il governo italiano deve adottare una posizione più decisa e proattiva, lavorando sia a livello nazionale che europeo per proteggere un settore fondamentale per l’economia del Paese. Continuare a lamentarsi senza agire non farà altro che lasciare il vino italiano a invecchiare invenduto nelle cantine.​ FONTE: winemag.it+1Materi

PROVOCAZIONE ( ma ciò che farei realmente – altroché Europa )

Ci metti i dazi? E noi la mettiamo in quel posto a tutti. Torniamo alla lira, dettiamo le nostre regole, e vi vendiamo il nostro vino, le nostre spiagge, i nostri musei, le nostre città, il nostro artigianato, il nostro made in Italy e il nostro cibo attraverso i nostri soldi

Vuoi l’Italia? Pagaci.

 

Credits:Reuters.com 

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