CRONACHE DI MYANMAR

Che venti giorni incredibili appena spesi in Myanmar!!

Ora siamo a Bangkok, ancora pochi giorni e saremo su un volo alla volta dell’India, dove un nuovo entusiasmante capitolo del viaggio ci attende: quello conclusivo.
Abbiamo deciso di usare uno stile diverso per descrivervi la nostra esperienza in questa magica terra, dividendo il racconto in due parti: la prima parte è puramente informativa da un punto di vista turistico, raccontandovi i posti e le attrazioni che abbiamo visitato e la nostra esperienza facendo l’autostop. La seconda invece sarà interamente dedicata alla settimana di volontariato nel centro di meditazione alla periferia di Yangon.
Bene, mettiamo nello zaino macchina fotografica, crema solare, uno scialle per coprirsi le spalle nei templi, abbondanti scorte di acqua… e partiamo!
Cominciamo col visitare il centro di Yangon, dove si può tranquillamente spendere un intera giornata a vagare fra il vasto e coloratissimo mercato di Bogyoke Aung San, la Sule Pagoda e la famosissima Shwedagon Padoga, un’immensa stupa dorata, circondata da un complesso di piccoli templi dedicati ai vari Buddha della settimana. Nell’oroscopo del Buddhismo birmano ogni giorno della settimana corrisponde ad un Buddha (terreno o etereo) e ad un animale, che rappresenta determinate caratteristiche della persona. Andrea, nato di lunedì, è una tigre, simbolo di intelligenza, forza e pazienza. Veronica invece, nata di sabato, è un drago sputa fuoco, simbolo di carisma, spiccato umorismo e autostima. Tutto ciò ci è stato spiegato da una simpatica guida turistica, un vecchietto che si faceva chiamare Granpa (nonno), che ci ha approcciato e per un prezzo molto buono ci ha convinto a fare una visita guidata di un ora, in cui oltre a mostrarci il tempio e la sua storia, ci ha insegnato come venerare i nostri Buddha… voglio, dire, come si fa a dire di no ad un vecchietto sempre sorridente che somiglia a Pai Mei di Kill Bill?!?!
Nel mercato di Bogyoke Aung San invece, vi è una vastissima scelta di prodotti da acquistare, dai vestiti ai gioielli, dal cibo all’arredamento. Qui potrete tranquillamente comprare pietre preziose a prezzo basso, e se non siete sicuri dell’autenticità c è un laboratorio dove su pagamento vi analizzano la qualità e la purezza della pietra in questione: zero truffe questa volta!
Dopo Yangon ci siamo spostati nella Piana di Bagan, per visitare alcuni dei 2000 templi antichissimi presenti nella zona. I templi di Bagan sono meravigliosi e ormai famosi in tutto il mondo: fatto interessante, la gente di Bagan ha deciso di non rendere il sito patrimonio UNESCO, considerandolo luogo sacro e di preghiera. Per questa ragione, il costo per visitare l’area è di 25000Kyats (15 euro) ed è valido per 5 giorni; in questi giorni, il nostro consiglio è quello di noleggiare una ebike (motorini elettrici) o, se il clima lo permette, una bicicletta, e letteralmente perdervi in questo labirinto desertico fra templi, colline e villaggi rurali. Dato il caldo torrido di quei giorni abbiamo incontrato pochi turisti e i templi erano praticamente tutti per noi, e ciò ci ha permesso di gustarceli a pieno.
Dopo aver esplorato la zona, abbiamo deciso di raggiungere la nostra prossima destinazione usando solo mezzi pubblici e facendo autostop. Ecco riassunta la nostra giornata di spostamenti:
– 50km seduti sul tetto di un furgoncino
– 10km in un rimorchio trainato da una motocicletta, pieno di tronchi di bambù
– 100km in un autobus senza aria condizionata nelle ore più calde della giornata
– I 115km finali nella macchina di due tecnici informatici di ritorno da un meeting
Questa rocambolesca giornata ci ha davvero permesso di entrare in contatto e di conoscere la gentilezza e disponibilità della popolazione birmana: quasi ogni macchina si è fermata, pur non avendo posto per accoglierci, per capire per quale motivo fossimo in strada e accertarsi che fosse tutto ok; dei signori sono rimasti con noi aiutandoci a fermare le auto e, quando un bus ha accostato, hanno contrattato con il conducente per farci avere il prezzo che pagano i locali (la metà di quello inizialmente proposto); i due informatici ci hanno raccontato un sacco di cose sulla loro nazione, ci hanno offerto una bottiglia di acqua e si sono pure fermati in un View Point per farci ammirare il panorama della vallata. Inutile dirlo, nulla di tutto ciò sarebbe mai successo in Italia, dove per paura, diffidenza e un vita sempre di corsa, nessuno si sarebbe mai fermato, nessuno ci avrebbe mai offerto un passaggio ne tantomeno offerto acqua. Viaggiando si imparano principi ormai dimenticati.
Dopo tutta la giornata sui mezzi, in serata siamo giunti a Inle Lake, un lago che brulica di vita fluviale, con villaggi su palafitte e enormi biotopi. Pagando 10000 Kyats si ottiene un permesso di 3 giorni per visitare l’area che offre, oltre al lago, la maggior attrazione, anche numerosi View Point, templi e trekking. Dal molo si può noleggiare una barca con conducente (noi siamo riusciti ad ottenerla per 14000 Kyats, dopo agguerrita contrattazione) e si possono solcare le placide acque del lago Inle. Alcune tappe, quali la fabbricazione di oggetti in argento, le donne “collo lungo” Kayan che tessono sciarpe, la fabbricazione di sigari, sono palesemente create apposta per turisti e non ci son piaciute; ma i villaggi-palafitta, i pescatori che remano usando un piede e gli orti galleggianti sono unici nel loro genere, e si possono ammirare senza essere circondati da dozzine di turisti.
A proposito di donne Kayan, dopo averne incontrate in Tailandia e nella palafitta sul lago ci siamo informati meglio e abbiamo scoperto che questa popolazione non è affatto originaria delle zone sopracitate, ma che anzi vi è stata portata a forza per scopi turistici e alcune di queste donne vivono in uno stato di semi-schiavitù, pagate per esibirsi in luoghi turistici o in hotel di lusso in Thai e Myanmar. Questo fatto deplorevole ci ha convinto a scendere nello stato del Kayah, e precisamente nella regione di Loikaw, luogo da cui provengono le vere “donne collo lungo” e dove vivono regolarmente la loro vita; in quest’area vi sono una media di 50 turisti al mese, e la maggior parte dei tour guidati alla scoperta delle tribù si fermano al mercato principale, dove le donne espongono oggetti di artigianato fatti a mano, sono disponibili a farsi fare fotografie e cercano di convincere i visitatori all’acquisto.
Ma da li in poi comincia una vallata costellata di paesini in cui le donne Kayan possono essere viste a zappare nell’orto, alle prese con i fornelli, a consumare un pasto insieme a tutta la famiglia. Immagini così genuine da rallegrare il cuore.
Per chi fosse interessato, Loikaw è raggiungibile via aerea, o con un lungo viaggio (circa 18 ore) in bus da Yangon e Mandalay.
Ultima tappa turistica di questo Myanmar è stata Hpa An, una graziosa cittadina sul fiume, in un’ambientazione simile a quella di Vang Vieng in Laos, circondata da imponenti rocce calcaree, che ospitano al loro interno splendide grotte ricche di immagini e statue religiose e sulla cui sommità risiedono templi buddisti. Un paio di giorni a scoprire Hpa An sono assolutamente consigliati.
Siamo consapevoli di aver saltato parecchie località turistiche quali Mandalay e Hsipaw, ma a Bagan abbiamo incontrato altri viaggiatori che ci hanno parlato del centro di meditazione e delle possibilità di volontariato, per cui abbiamo deciso di modificare il nostro itinerario per poter ottenere una settimana da dedicare a questa splendida attività.
Bene, ecco completata la parte turistica del nostro Myanmar; ora è tempo di scoprire la gioia che si prova a far del bene e ad aiutare persone bisognose. Ci vediamo settimana prossima!

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