Zen Circus la dura vita fra underground e successo

Sull’onda del successo della loro musica sono passati da Trento sul finire di questo 2016 nella nuova rassegna SanbaClub dedicata alla musica indipendente i Zen Circus.

Formazione che sta a cavallo fra l’underground e la diffusione commerciale della musica o meglio il meinstream, gli Zen Circus con Karim Qqru batterista della band, a fare da partovace hanno raccontato il concerto, il rapporto con la musica e il loro disco “La Terza Guerra Mondiale”

Come definiresti in poche parole Zen Circus?

E’ una domanda impegnativa a cui non è facile rispondere. Immagino sia il prodotto di ciò che siamo stati, della nostra carriera che si potrebbe dividere in diversi momenti. Uno che va dal 2001 al 2009 in cui ci esprimevamo in idioma inglese da cui spartiacque ad un’ulteriore periodo è il nostro primo disco in italiano. Diciamo che quando abbiamo sentito l’esigenza di farci capire ad un pubblico più allargato e soprattutto quando abbiamo cristallizzato dei concetti che ci premeva trasmettere il testo ha assurto un significato maggiore rispetto all’apparato strumentale. Quindi il prodotto è quello che siamo ora e l’importanza di incontrare il pubblico e trasmettere il nostro pensiero Quest’ultimo disco potrei definirlo un concept album da questo punto di vista

La vostra è quindi urgenza di trasmettere e comunicare?

Noi siamo nati ascoltando punk, garage e hardcore internazionale erano gli anni 90 e non amavamo la canzone d’autore italiana. Nel tempo questa netta barriera di demarcazione è crollata nel momento in cui il linguaggio si è fatto empatia con il pubblico e mezzo con cui esprimere e dialogare. Quello che esprimiamo è lo specchio di ciò che vediamo attorno a noi e sebbene ci venga appiccicata una interpretazione politica noi invece non l’abbiamo mai messa nella nostra musica. Noi fotografiamo i contrasti della nostra società

Un titolo molto duro il vostro, La terza guerra mondiale cosa sottintende?

In realtà vuole richiamare la forza distruttrice come pulizia catartica di una società che ha bisogno di un segno forte per svegliarsi da una sorta di torpore. Per assurdo nell’era dei social non si è mai stati così soli ed isolati, soprattutto i giovani che scambiano i propri schermi dei pc e tablet per amici. E poi non si ha la percezione della pace, in un mondo che anela alla violenza perché non c’è memoria essendo oramai diverse generazioni che hanno vissuto la pace e poi dal mio punto di vista anche non essendoci più l’obbligo di leva. Per assurdo questo ti faceva prendere coscienza del pericolo che avresti potuto correre in prima persona se fosse scoppiata una guerra e quindi ti sentivi in obbligo di prendere posizione per scongiurarne il pericolo

Temi impegnati per smuovere le menti?

No noi non diamo risposte poniamo domande e ci aspettiamo domande poi ciascuno prende posizione o si fa una sua idea. Ciò che sottolineiamo è come la tecnologia che dovrebbe facilitare la comunicazione e la vita abbia invece creato solitudine e divisione. Allo stesso tempo l’anonimato che da permette di sfogare aggressività al di là di una chat o di un commento affidato al social. Tutto questo è aberrante e noi lo abbiamo solo fotografato

Essere a cavallo fra underground e mainstream cosa vuol dire per voi?

Noi arriviamo dal punk e viviamo un’epoca molto difficile e piena di contraddizioni. Da un lato abbiamo la fortuna di registrare sold out ai concerti e questo ci ha permesso di uscire dall’anonimato dell’underground, farci apprezzare dalle grandi etichette, come Sony,  siamo cresciti al Centro Sociale Macchianera punto di riferimento internazionale ed ora ci intervistano i giornali nazionali e ci seguono appunto etichette di prestigio. Tuttavia i tempi sono davvero cambiati e con il digitale la musica viene fruita in modi nuovi di cui difficilmente se non alcuni agenti illuminati si rende conto. Il disco non vende, ora il vero banco di prova sono i live dove non ci sono trucchi ma solo tu, la tua capacità di fare musica, essere vero e arrivare al pubblico. Penso sia una fase di transizione che per certi versi può anche portare novità.

In Trentino con quale emozione arrivate?

In realtà non suoniamo molto anzi solo due volte siamo stati in Trentino ricorso il Sot Ala Zopa, dove faceva un gran freddo ma è stato un festival davvero bello e vissuto, e poi in città per il concorso il Centro Musica Awards, Ora torniamo ma non so cosa aspettarmi. Ad ogni modo presentiamo il nostro disco con questo tour che è appena incominciato e che quindi apre tutta una serie di novità ed aspettative da dividere con chiunque corra venire a sentirci.

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