VALLE DI CENTA FRA NATURA E STORIA

Quella della Valle di Centa è l’antica via che collegava la Valsugana con l’Altopiano Cimbro. Oggi ci offre un percorso fra natura e storia.

La Valle di Centa è quella valle che costeggia il Rio Centa. Il torrente che nasce verso Carbonare di Folgaria e di qui si getta a valle per poi confluire nel fiume Brenta a Caldonazzo. Siamo dunque in Valsgana ai piedi dell’Altopiano Cimbro fra il Comune di Caldonazzo e quello dell’Altopiano della Vigolana.

Lungo il suo percorso sono ancora visibili i resti dei Mulini che prosperavano in passato. Inoltre là dove la valle si chiude fra ripide pareti e parte l’antica via dell’Ancino, si trova quello che ai tempi era una sorta di pedaggio. Un luogo di ristoro per i viandanti e confine per chi andava e veniva. La via dell’Ancino infatti collegava la valle a Lavarone. Era una antica via per i commerci a dorso di mulo. Per contadini ed artigiani, e coloro che scendevano o salivano da valle in quota. Anche anticamente infatti era la via per raggiungere il Veneto e Vicenza.

Sebbene oggi rimangano solo ruderi e pochi resti delle costruzioni, la Valle di Centa rende intuibile l’economia del passato. Un’economia che ruotava attorno a mulini, macine e commercio. Ecco che assume anche significato strategico la Tor dei Sicconi, di cui avevamo parlato qui. La Tor dei Sicconi sorge sopra Caldonazzo e oggi  ne rimangono solo pochi resti. Infatti da là si domina l’imboccatura della Valle di Centa e di conseguenza si gestiva il dominio sul passaggio delle genti che dall’Altopiano Cimbro scendevano in Valle.  Nel primo tratto di camminata volgendo lo sguardo a nord ovest è facilmente individuabile il sito dell’ex Torre dei Sicconi.

Oggi la Valle di Centa con il suo torrente è stata attrezzata a Parco Fluviale con una serie di cartelli tematici in cui viene raffigurata la flora e la fauna dell’ecosistema. Inoltre c’è anche una ricca cartellonistica con foto storiche che ritraggono i mulini e ne raccontano la storia fatta di fatica e lavoro.

Percorrere la Valle di Centa è un’immersione nella natura e, sebbene si sia a poca distanza dalla strada che sale a Centa San Nicolò e le case, già nei primi tratti si ha la sensazione di “wild”. Il persorso si snoda accanto al torrente con pezzi nel bosco e altri sul greto del corso d’acqua. In tutto è un massimo di 4 chilometri che si coprono agilmente quasi totalmente in piano. Per un’esperienza più emozionante si consiglia l’infrasettimanale, in quanto il fine settimana e l’estate il posto è frequentato. Si presta infatti a bagni rinfrescanti estivi, ma anche ad allegre grigliate e pic nic. Ci sono infatti dei posti attrezzati per soste e pic nic.

La partenza del facile trekking è cconsigliata all’ampio parcheggio accanto al ristorante Speckstube, Maso Conci, Centa San Nicolò. Che si raggiunge da Caldonazzo zona industriale direzione Centa San Nicolò. Qui parte il sentiero che appunto costeggia il Rio Centa. Seguendo il torrente ci si adentra nella valle che si stende fra il Monte Cimone e la Vigolana. Sul Monte Cimone si può scorgere il tracciato della strada austro-ungarica che collegava Caldonazzo con Lavarone.Una strada scavata nella roccia datata 1871 su tracciato preesistente del XVII secolo. Strada chiusa nel 1960 per frana e poi lasciata all’incuria e dimenticata.

La strada anche conosciuta come Strada della Stanga è oggi difficilmente percorribile a causa di una serie di frane. Purtroppo alcuni tratti sono caduti come certi ponti ma anche tratti di sentiero. Si chiama Strada della Stanga perchè a circa metà del percorso vi era una vera e propria stanga. L’antico sbarramento in zona “Barachette” dove c’era l’obbligo di sosta per pagare il pedaggio.

Un luogo di ristoro con una sorta di osteria ma anche di pedaggio e controllo. Già da diversi anni è in discussione un progetto di ripristino che per ora non ha mai avuto seguito concreto.

Tornando a valle lungo il rio Centa il percorso si snoda sulla riva del torrente. Sul suo percorso appunto si incontrano i  resti di mulini e segherie, spaccato della vita rurale della zona. Poco dopo l’imboccatura del sentiero si apre uno spiazzo dove fino al 2020 sorgeva l’Acropark. Oggi là dove vi erano percorsi avventura, carrucole e funi rimane uno spiazzo senza alberi. Purtroppo Vaia e il bostrico hanno causato l’abattimento delle piante. Unica nota di rammarico il fatto di non aver provveduto a raccontare ttto questo con un cartello informativo. Visto anche invece il dispiego di cartellonistica per illustrare ogni aspetto della valle.

Oltrepassato il sito dell’ex Acropark si giunge al Molin Novo e i suoi ruderi. Con le vestigia di quello che fu una segheria ad acqua.  Più sopra invece si scorgono i resti di un mulino più vecchio con il forno per il pane. Proseguendo oltre la Val Careta si giunge alla cascata di Valimpach, emissario sotterraneo del lago di Lavarone. Di qui si arriva alla cascata artificiale del Po Alt.

Proseguendo ancora si arriva a Molino Polentoni, un grande complesso, di cui rimangono i ruderi, al di là di un ponticello. Oggi vi è un Giardino Botanico Sensoriale. In situ parte la via per lo Sorgenti di Valimpach e la via ferrata. Cartelli indicano la pericolosità della via attrezzata da affrontare solo se adeguatamente attrezzati.

Rimanendo invece sul sentiero della Valle di Centa si potrà proseguire ulteriormente e addentrarsi sempre più nella natura angusta della valle che si fa via via più stretta e chiusa. Infatti giungendo a località Coto per i ruderi di una osperia il Mulin del Giotto da cui appunto sale la Strada del Lanzino o Ancino.

Via antica che si alza fino a giungere appunto a Lavarone. L’antica strada che metteva in comunicazione di Principato Vescovile con la Repubblica di Venezia. Ma questa è un’altra storia in quanto salire è impegnativo e aggiunge un 4 ore di andata e altrettante di rientro alla gita ed uno scarto di circa 600 metri se non di più per raggiungere Lavarone.

 

 

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