“La pazza della porta accanto”, Gassman porta in scena il lato oscuro di Alda Merini

In un intenso atto unico, Alessandro Gassman inserisce tutta la profonda gamma di emozioni della poetessa Alda Merini. Arriva oggi, mercoledì 11 gennaio, all’interno della rassegna #altretendenze organizzata dal Centro Culturale Santa Chiara, al Teatro Sociale di Trento, lo spettacolo che porta la firma alla regia di Alessandro Gassman “La pazza della porta accanto”. L’appuntamento alle ore 20,30 è con l’universo di Alda Merini, quello dei suoi ani più bui, quello delle pagine dei diari che la poetessa tenne durante l’internamento in ospedale psichiatrico.

Erano gli anni in cui essere donna non era facile, ed essere una donna indipendente e magari anche da carattere focoso poteva pagarsi  con la libertà e non come oggi con velati gesti di vendetta, ma con vere e proprie ritorsioni come quella di anni passati fra incubi di elettroshock o isolamenti forzati o ancora cure di dubbia utilità.

Il testo è quello di Claudio Fava la cui intenzione è quella di rendere omaggio alla figura di una donna dalla indiscussa parabola artistica ed umana. Un omaggio altresì ai versi della poetessa che Fava legge carichi di una “forte componente mistica” come avrebbe dichiarato egli stesso. Ma “La pazza della porta accanto” è anche una denuncia civile contro i trattamenti disumani di questa “discesa agli inferi” dei reclusi nei manicomi prima della Riforma Basaglia 1978.

E’ amore a prima vista quello di Gassman per questo testo “Conoscevo Alda Merini, la poetessa dei navigli, la drammaticità della sua esistenza; anch’io, come tanti, mi sono emozionato e commosso nel sentirla leggere i suoi appassionati versi. Dopo aver letto il testo di Claudio, ritratto giovanile, intimo e struggente della grande poetessa, ho avvertito immediatamente la necessità, direi l’urgenza, di metterlo in scena.

Un testo che si sviluppa all’interno di un ospedale psichiatrico e che ripercorre la drammatica esperienza della Merini.Erano gli anni in cui la parola depressione non si conosceva e chi soffriva di questa malattia veniva definito pazzo. Erano anche gli anni in cui negli ospedali psichiatrici praticavano l’elettroshock e i bagni nell’acqua gelata” In questo scenario si iscrive la vicenda che prende vita sulle assi del palco in cui fra i tormenti della mente c’è spazio per la solidarietà, l’amicizia e anche l’amore, sentimenti che invece spesso sono solo frasi vuote o abitudini per chi non ha mai dovuto guardarsi dentro.

L’arroganza non ha spazio nel dramma e nell’aspirazione nobile e profonda alla libertà del corpo e della mente. A dare voce e volto alla “poetessa dei navigli” è  Anna Foglietta che si cala con intensità nei panni della giovane in profondo conflitto con un mondo che non la comprende e di cui non accetta le etichettature

 

credit ph Ombretta De Martini @2015

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